Ciao Valter,
Trentacinque
anni di amicizia, con avvicinamenti, avvicendamenti, periodi di silenzio, stima
sempre.
Ci siamo
incontrati: tu poco più che ventenne, io poco più che trentenne. Medico e pazinte? No.
Amicizia a
prima vista; hai cominciato subito a chiamarmi “amico”; mi chiamavi “dutur” per
scherzo, oppure quando dovevi chiedermi un favore mai per te, sempre per altri.
Tu
all’inizio di una malattia grande, io medico che non sapeva ancora cosa fare da
grande.
Poi la dialisi, il trapianto, la tua strada sempre in salita.
Io la strada
dissestata dall’inesperienza, dalla voglia di fare e poi, alla fine, rassegnato al'invidia e alla meschinità.
Però sempre
gli stessi ideali, crescere per aiutare, per sollevare, per alleviare.
Illusioni e
utopie, socialismo e disillusioni, corse insieme nella notte, lunghe serate a
discutere, a scoprire, a sperare.
Alla fine
siamo arrivati dove volevamo, tu molto più in alto, io molto più avanti. Di
quanto immaginassimo.
Nessuno ti
ha fermato fino all’ultimo.
Te ne sei
andato per primo, troppo lo svantaggio, ma se un uomo si misura dal segno che
lascia io non riuscirò a raggiungerti.
Ciao “amico”
Valter.