L’ambulanza
correva nella notte risalendo la litoranea verso l’ospedale di Topolinia.
La strada
era libera ma la sirena ripeteva in sequenza sincopata le sue note fa e la.
Nelle
strettoie l’eco le rimandava amplificate mentre le barre stroboscopiche sciabolavano
livide gli intonaci scrostati.
Il suono
sincopato della sirena molceva l’autostima dell’autista che rimpiangeva il
ronzio delle vecchie luci rotanti che accompagnavano il sibilo lacerante delle
vecchie sirene a fischio.
Quelle sì
che facevano tanto ponte di Brooklyn, ma erano state inesorabilmente messe
fuorilegge dalla Comunità Europea.
Come Dio
volle l’ambulanza infilò il corridoio asfaltato che portava alla camera calda
del Pronto Soccorso.
Dalla porta
posteriore scese una giovane donna scarmigliata con un lattante in braccio.
Dalla porta
esterna entrò pallido il marito, e forse padre del piccolo, che aveva seguito con
la sua auto la corsa dell’ambulanza rimediando insulti irripetibili dopo aver
attraversato due incroci con il rosso.
Due piani
più in alto il vecchio pediatra ascoltava in cuffia un Mozart suonato da
Mitsuko Uchida con aria assorta e tentando di leggere qualche abstract di
aggiornamento.
L’infermiera
lo riportò bruscamente alla realtà annunciando l’arrivo di un lattante con
trauma cranico mentre le giovani dottoresse erano alle prese con un parto.
La
scarmigliata con il lattante in braccio aspettava piangendo mentre il marito,
insolitamente con giacca e cravatta, cercava di consolarla.
Avvocato,
commercialista o bancario – pensò il vecchio fra sé e sé.
Cos’è
successo? – Esordì.
Mi è caduto
dal letto! – Piagnucolò la scarmigliata.
Ah pota! –
Rispose il vecchio - e dove ha battuto?
E’ caduto
con la testa indietro, lì - spiegò la mamma, indicando l’occipite.
Brutto
trauma quello occipitale – imprecò il pediatra – ma com’era il pavimento? Parquet?
– sperò il medico – oppure marmo, moquette, o linoleum?
No – rispose
la scarmigliata – non è caduto a terra, è caduto su un pacco da cinquanta
pannolini che avevo appena posato sul pavimento – ma mi sono spaventata molto e
ho chiamato l’ambulanza.
Il medico fu
tentato di ridere o di piangere ma non sapeva come l’avrebbe presa il signore
in giacca e cravatta che aveva tutta l’aria di un leguleio.
Si limitò a
fare un’ecografia transfontanellare perfettamente inutile mentre il lattante
non smise un attimo di gracchiare come una ciaula dell’entroterra nisseno.
Poi fu di
nuovo Mozart.