Una delle mie pazienti più simpatiche, la piccola Maddy, mi ha regalato l’ultimo libro di Guccini.
Certamente l’ha scelto la sua mamma, che con questa scelta ha dimostrato una rara sensibilità e, sapendo che ogni tanto legge queste righe, la ringrazio con il cuore.
Francesco Guccini è un amico che ho visto anche da vicino e che periodicamente ritorna a consolarmi della solitudine.
Il 14 giugno, data dolorosamente infausta per me, Francesco ha compiuto settant’anni. Avrei voluto scrivere qualcosa, ma di luoghi comuni si sono riempiti i blog quel giorno.
Forse non sempre l’ho seguito e avevo perso qualche sua canzone, così come ho perso qualche suo libro, ma non sempre sono stato solo, oppure non sempre ho sofferto della solitudine ovvero non sempre mi sono sentito solo.
Rivedendo, forse ristudiando tutto quello che Francesco ha scritto e cantato, comincio a capire che la solitudine è la nostra vera compagna di viaggio.
A volte un amore, una “storia normale” ci allontana per un po’ dalla solitudine, ma la domanda sorge spontanea: quante volte ci si può innamorare?
E forse è vero che quasi sempre “il peccato fu creder speciale una storia normale” come risuona in uno dei suoi capolavori: Farewell.
E alla fine io credo che Farewell fosse il nome di una donna, o forse lo sia veramente, o lo sia stato.
Ma alla fine della strada ripenso a Paolo Coelho che arriva a scrivere «Tutto l'universo cospira affinché chi lo desidera con tutto sé stesso possa riuscire a realizzare i propri sogni.»
E forse è bene prendere la decisione di stare bene solo con i propri sogni; non costa molto, ma ci vogliono tanti anni per capirlo.
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