25 marzo 2012

Antidoti no?


Da tempo non scrivo più su questo blog.  Dice chi mi conosce che ci scrivo solo quando le cose vanno male.
E allora è doveroso scrivere oggi, un giorno in cui mi sembra che tutto debba finire, senza alcuna forza per ricominciare.
I figli, i miei intendo, non ci sono quasi più, travolti dal loro futuro, dai loro sogni, dalle illusioni e dalle convenzioni.
La sostanza è che non hanno più bisogno di me.
Le figlie, non mie quelle, ci sono. Forse l’assenza di un padre fa loro apprezzare anche un surrogato frettoloso ed egoista come me.
Il lavoro incalza. Non so più se lavoro perché mi piace, per dimenticare, per amore del prossimo, per disperazione o solo perché non so fare altro che il medico.
Cosa rimane? Poche fotografie, qualche rimpianto, molti ricordi, una casa distrutta dall’insipienza senza i quattrini per ricostruirla, un po’ di debiti, un’automobile amata e usata.
Tanto affetto dai pazienti, da quelli speciali, da quelli che ci sono sempre anche se non ci sono più.
Tanti squilli di telefono, anche al sabato, anche alla domenica, anche di notte, da chi crede di essere un paziente e mi dimostra di essere solo un cliente.
Verrà una liberazione, ma quale?

11 marzo 2012

Airport - 2

Siamo a  Lamezia Terme, in aeroporto, dirottati da una grandinata tanto breve quanto biblica e intempestiva. A mezzanotte riapre Catania Fontanarossa.
Nel trambusto generale ripercorriamo la trafila dei varchi, pietosamente un po' facilitata da agenti che condividono con noi l'urgenza di un letto, o almeno di un tetto sicuro.
A Dio piacendo verso mezzanotte e una manciata di minuti risaliamo sull'Airbus. 
Inizia in quest'angolo di Calabria la mia giornata dell'8 marzo 2012.
L'equipaggio è messo a dura prova dalla stanchezza, dalla rabbia e dalla maleducazione di buona parte dei passeggeri, su cui svetta il “tribuno della plebe” che si attarda in fondo alla scaletta per l'ultima arringa e ci fa perdere altro tempo.
Nuovo decollo e breve volo verso Catania; il tempo sembra essersi messo al bello e una luna splendida splende sopra Tropea.
Finalmente a Catania! Mi sembra quasi di essere a casa; pregusto un panino, un arancino, un cornetto, qualsiasi cosa con un caffè e forse una birra.
Ma naturalmente si fanno i conti senza l'oste.
Attorno all'aeroporto i quartieri sono allagati quindi un campo di rom è stato evacuato nell'atrio degli arrivi e l'unica strada praticabile è stata interrotta dagli abitanti dei quartieri allagati che hanno fatto barricate con i cassonetti della nettezza urbana.
Ci sono alcune cose poco chiare, almeno per me che vengo dal gelido nord.
Non ho capito perchè se un quartiere si allaga si debbano bloccare le strade, e, in secondo luogo, cosa facciano in questo caso le forze dell'ordine, cioè un bel cazzo!
Dopo qualche tentativo di guado rinunciamo, sia per timore di una polmonite, sia per il povero ecografo che non reggerebbe un'immersione estemporanea nel fango.
Naturalmente nessuno può venire a prendere nessuno; i nomadi bivaccano nell'atrio mentre le loro donne improvvisano una questua fuori orario con i viaggiatori stanchi e inferociti anche se la rassegnazione inizia a serpeggiare.
Raffaele continua a telefonare, non è chiaro a chi, con entrambi i telefoni. Comincio a credere che i suoi cellulari abbiano delle batterie atomiche.
Carlo, amico fraterno e padre della mia ultima assistente Catanese, riesce a mandare una macchina della Protezione Civile a prenderci, ma l'auto viene presa d'assalto e riparte con i primi tre prepotenti che ci si sono insediati sopra sgomitando.
I Vigili del Fuoco a Catania sono stati sostituiti da un'entità platonica che fa il loro lavoro con competenza e dedizione.
Verso le tre un pullmino decide di tentare una sortita e noi ci offriamo come passeggeri volontari, non prima di una vivace diatriba.
Veniamo scaricati vicino a una delle barricate di cassonetti e ci avviamo nel fango verso le luci lontane in fondo a Via Santa Maria Goretti.
Miracolo! Un autobus avanza lentamente nella nostra direzione nel tentativo di forzare le barricate.
Viene respinto a male parole ma noi siamo riusciti a salire! Dopo un'indaginosa inversione di marcia e una penosa avanzata nell'acqua limacciosa scendiamo finalmente liberi in una piazza dove svetta un aeroplanino arancione a mo' di monumento.
Abbracciamo Carlo che ci aspettava e ci fiondiamo in un bar ancora aperto.
Scopriremo che in realtà è appena aperto, e mi concedo l'emozione di un arancino, una cipollina e una birra gelida alle quattro del mattino.
La seduta ecografica mensile a Catania è assicurata!

(2 - fine)

09 marzo 2012

Airport - 1

Un mercoledì come tanti a Gravedona, con la prospettiva rosea di partire per Catania e restarci due giorni di ecografia, che poi per me saranno di svago, lontano dal quotidiano susseguirsi di rogne.
Partenza tranquilla con Raffaele che ha voluto il posto al finestrino. Un po' di ritardo ma siamo con AirOne, la sorellina povera di Alitalia.
Ci viene annunciato che  troveremo la pioggia e infatti quando l'Airbus inizia la lenta virata a sinistra Milazzo non si vede sotto le nuvole, come non s'è vista Lipari nè Salina.
Scivoliamo veloci in basso sussultando nelle turbolenze, fra lampi e cumulo-nembi.
Passiamo lunghi su Fontanarossa, quindi la prenderemo dal mare.
Ripassiamo più bassi, ancora lunghi, fra lampi e scrosci, poi nell'ululato delle turbine si risale.
Ahimè, penso, qui si va a Palermo, ma nessuno pare essersene accorto.
L'apparecchio vibra, vira, sussulta e finalmente il comandante ci annuncia la mèta: Lamezia.
La notizia suscita indignate e inconsulte esclamazioni di disappunto, anche se non è ancora chiaro, almeno per ora, contro cosa e contro chi.
Siamo in tre, a Lamezia, cioè in tre aereoplani dirottati. Noi siamo i secondi a scendere, ma la scorta di panini del baretto dell'aerostazione finisce inesorabilmente.
Sono solo le 21, ma sembra che lo spettro della fame incomba su compagni di viaggio inferociti che comperano compulsivamente le poche crocchette di patate rimaste, buste di snack improbabili e scatole di biscotti dolciastri.
Io osservo stoicamente, mi basta un po' d'acqua. Raffaele telefona, telefona e telefona, passeggiando nervosamente e chiedendomi istericamente, nelle pause fra una chiamata e l'altra cosa, dicano dagli altoparlanti.
Non so a chi telefoni e soprattutto cosa racconti. Io ho lasciato addirittura il cellulare a bordo!
Escuso che si dorma a Lamezia Terme cominciamo a chiederci quale sarà la nostra prossima destinazione.
Per ora cade un pioggerellina insistente che fa compagnia a un vento freddo e fastidioso.
C'è chi parla di Palermo, chi di Trapani, chi spera Catania.
Venti avventurosi, e incazzati, partono per la stazione ferroviaria dichiarando a gran voce che in un'ora arriveranno a Messina.
Scompaiono nella notte e probabilmente andranno a soffrire vento e freddo sullo Stretto; di questi non sapremo più nulla.
Proseguono scene di disperazione e intemperanza. Un giovane, vivente prova della reincarnazione, in questo caso di un tribuno della plebe, arringa chi può e insulta chi obbietta, chiedendo a gran voce da Messina torpedoni contro Alitalia ladroni.
E Raffaele telefona, passeggiando avanti e indietro e scoprendo anfratti inattesi nei lunghi corridoi dell'aeroporto di Lamezia.

(1 - continua)