Siamo a Lamezia Terme, in aeroporto, dirottati da una grandinata tanto breve quanto biblica e intempestiva. A mezzanotte riapre Catania Fontanarossa.
Nel trambusto generale ripercorriamo la trafila dei varchi, pietosamente un po' facilitata da agenti che condividono con noi l'urgenza di un letto, o almeno di un tetto sicuro.
A Dio piacendo verso mezzanotte e una manciata di minuti risaliamo sull'Airbus.
Nel trambusto generale ripercorriamo la trafila dei varchi, pietosamente un po' facilitata da agenti che condividono con noi l'urgenza di un letto, o almeno di un tetto sicuro.
A Dio piacendo verso mezzanotte e una manciata di minuti risaliamo sull'Airbus.
Inizia in quest'angolo di Calabria la mia giornata dell'8 marzo 2012.
L'equipaggio è messo a dura prova dalla stanchezza, dalla rabbia e dalla maleducazione di buona parte dei passeggeri, su cui svetta il “tribuno della plebe” che si attarda in fondo alla scaletta per l'ultima arringa e ci fa perdere altro tempo.
Nuovo decollo e breve volo verso Catania; il tempo sembra essersi messo al bello e una luna splendida splende sopra Tropea.
Finalmente a Catania! Mi sembra quasi di essere a casa; pregusto un panino, un arancino, un cornetto, qualsiasi cosa con un caffè e forse una birra.
Ma naturalmente si fanno i conti senza l'oste.
Attorno all'aeroporto i quartieri sono allagati quindi un campo di rom è stato evacuato nell'atrio degli arrivi e l'unica strada praticabile è stata interrotta dagli abitanti dei quartieri allagati che hanno fatto barricate con i cassonetti della nettezza urbana.
Ci sono alcune cose poco chiare, almeno per me che vengo dal gelido nord.
Non ho capito perchè se un quartiere si allaga si debbano bloccare le strade, e, in secondo luogo, cosa facciano in questo caso le forze dell'ordine, cioè un bel cazzo!
Dopo qualche tentativo di guado rinunciamo, sia per timore di una polmonite, sia per il povero ecografo che non reggerebbe un'immersione estemporanea nel fango.
Naturalmente nessuno può venire a prendere nessuno; i nomadi bivaccano nell'atrio mentre le loro donne improvvisano una questua fuori orario con i viaggiatori stanchi e inferociti anche se la rassegnazione inizia a serpeggiare.
Raffaele continua a telefonare, non è chiaro a chi, con entrambi i telefoni. Comincio a credere che i suoi cellulari abbiano delle batterie atomiche.
Carlo, amico fraterno e padre della mia ultima assistente Catanese, riesce a mandare una macchina della Protezione Civile a prenderci, ma l'auto viene presa d'assalto e riparte con i primi tre prepotenti che ci si sono insediati sopra sgomitando.
I Vigili del Fuoco a Catania sono stati sostituiti da un'entità platonica che fa il loro lavoro con competenza e dedizione.
Verso le tre un pullmino decide di tentare una sortita e noi ci offriamo come passeggeri volontari, non prima di una vivace diatriba.
Veniamo scaricati vicino a una delle barricate di cassonetti e ci avviamo nel fango verso le luci lontane in fondo a Via Santa Maria Goretti.
Miracolo! Un autobus avanza lentamente nella nostra direzione nel tentativo di forzare le barricate.
Viene respinto a male parole ma noi siamo riusciti a salire! Dopo un'indaginosa inversione di marcia e una penosa avanzata nell'acqua limacciosa scendiamo finalmente liberi in una piazza dove svetta un aeroplanino arancione a mo' di monumento.
Abbracciamo Carlo che ci aspettava e ci fiondiamo in un bar ancora aperto.
Scopriremo che in realtà è appena aperto, e mi concedo l'emozione di un arancino, una cipollina e una birra gelida alle quattro del mattino.
La seduta ecografica mensile a Catania è assicurata!
L'equipaggio è messo a dura prova dalla stanchezza, dalla rabbia e dalla maleducazione di buona parte dei passeggeri, su cui svetta il “tribuno della plebe” che si attarda in fondo alla scaletta per l'ultima arringa e ci fa perdere altro tempo.
Nuovo decollo e breve volo verso Catania; il tempo sembra essersi messo al bello e una luna splendida splende sopra Tropea.
Finalmente a Catania! Mi sembra quasi di essere a casa; pregusto un panino, un arancino, un cornetto, qualsiasi cosa con un caffè e forse una birra.
Ma naturalmente si fanno i conti senza l'oste.
Attorno all'aeroporto i quartieri sono allagati quindi un campo di rom è stato evacuato nell'atrio degli arrivi e l'unica strada praticabile è stata interrotta dagli abitanti dei quartieri allagati che hanno fatto barricate con i cassonetti della nettezza urbana.
Ci sono alcune cose poco chiare, almeno per me che vengo dal gelido nord.
Non ho capito perchè se un quartiere si allaga si debbano bloccare le strade, e, in secondo luogo, cosa facciano in questo caso le forze dell'ordine, cioè un bel cazzo!
Dopo qualche tentativo di guado rinunciamo, sia per timore di una polmonite, sia per il povero ecografo che non reggerebbe un'immersione estemporanea nel fango.
Naturalmente nessuno può venire a prendere nessuno; i nomadi bivaccano nell'atrio mentre le loro donne improvvisano una questua fuori orario con i viaggiatori stanchi e inferociti anche se la rassegnazione inizia a serpeggiare.
Raffaele continua a telefonare, non è chiaro a chi, con entrambi i telefoni. Comincio a credere che i suoi cellulari abbiano delle batterie atomiche.
Carlo, amico fraterno e padre della mia ultima assistente Catanese, riesce a mandare una macchina della Protezione Civile a prenderci, ma l'auto viene presa d'assalto e riparte con i primi tre prepotenti che ci si sono insediati sopra sgomitando.
I Vigili del Fuoco a Catania sono stati sostituiti da un'entità platonica che fa il loro lavoro con competenza e dedizione.
Verso le tre un pullmino decide di tentare una sortita e noi ci offriamo come passeggeri volontari, non prima di una vivace diatriba.
Veniamo scaricati vicino a una delle barricate di cassonetti e ci avviamo nel fango verso le luci lontane in fondo a Via Santa Maria Goretti.
Miracolo! Un autobus avanza lentamente nella nostra direzione nel tentativo di forzare le barricate.
Viene respinto a male parole ma noi siamo riusciti a salire! Dopo un'indaginosa inversione di marcia e una penosa avanzata nell'acqua limacciosa scendiamo finalmente liberi in una piazza dove svetta un aeroplanino arancione a mo' di monumento.
Abbracciamo Carlo che ci aspettava e ci fiondiamo in un bar ancora aperto.
Scopriremo che in realtà è appena aperto, e mi concedo l'emozione di un arancino, una cipollina e una birra gelida alle quattro del mattino.
La seduta ecografica mensile a Catania è assicurata!
(2 - fine)
1 commento:
Che avventura!! Non si capisce come mai per un acquazzone si sgretoli tutto il sistema e la gente diventi arrogante e maleducata!
Povero, almeno un arancino sei ruiscito a mangiarlo...
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