Temevo di scendere con l' Embraer 170, il piccolo apparecchio dell'Alitalia che sobbalza per tutto il viaggio e concilia il sonno ma non la lettura, invece è un fiammante Airbus 319 che mi aspetta nella foschia di Orio al Serio per volare a Roma.
Fiumicino di prima mattina trabocca e mi attardo nell'attesa del treno. E' vero che sono in missione ufficiale e che mi rimborseranno il viaggio, ma so già che il taxi è off-limits.
Ma in realtà se il bagaglio non mi impiccia, e non è il mio caso questa volta, preferisco treni e mezzi pubblici che mi permettono di assaporare colori (e talvolta ahimè odori) della città e della sua gente.
Il Colosseo |
Scendo davanti alla Banca d'Italia e mi interrogo: dove sarà il numero 172? In quasi tutte le città i numeri pari sono su un lato e quelli dispari sull'altro, a parte Genova dove i numeri invece si dividono in pari, dispari, neri e rossi, ma tal'è, nel dubbio chiedo a un giornalaio.
Evidentemente l'uomo è nuovo nel suo chiosco e infatti mi spedisce dalla parte opposta.
Quando me ne rendo conto sono ormai alla fine del corso; attraverso non senza pericolo e mi rifaccio tre fermate di autobus in senso inverso.
La riunione della Fimeuc (Federazione Italiana della Medicina di Emergenza, Urgenza e Catastrofi) avrebbe dovuto cominciare alle 10; salgo l'ascensore del numero 172 e scopro che siamo a Roma, quindi la riunione inizierà verso le 11.
La pediatria, si sa, è la cenerentola della medicina, quindi attendo pazientemente e ascolto diligentemente le relazioni del presidente e del segretario (che sono in realtà due belle signore) e finalmente, verso le 15.10, dopo qualche tartina e qualche panino imbottito, faccio il mio breve intervento.
La riunione finisce presto; c'è ancora il sole; precauzionalmente ho prenotato l'ultimo volo per Bergamo, quindi ho tutto il tempo per una passeggiata.
A piedi mi avvio verso Piazza Venezia, poi prendo Via dei Fori Imperiali verso il Colosseo.
Comitive di orientali, cinesi, giapponesi e vietnamiti si aggirano con l'obiettivo famelico della compatta digitale, frastornati dalla storia, dalla leggenda e dalla guida inflessibile con l'ombrello chiuso teso al cielo che li guida.
Suore, preti e altri religiosi dalle tonache improbabili passeggiano sorridenti.
Poveri diavoli vestiti da guerrieri romani propongono foto ricordo molto kitch adocchiando sapientemente turiste che sperano sprovvedute.
Ambulanti romaneschi e nordafricani propongno panini, bibite, gelati, cappelli, magneti, santini, magliette sgargianti e bandiere tricolori.
Scholar Lounge Irish Pub |
Alla fine mi infilo nella metropolitana, poi prendo un autobus e giro senza meta. Alla fine mi ritrovo davanti a Palazzo Venezia.
Mi incammino verso Largo Argentina e vengo bloccato su un marciapiede da uno stuolo di questurini e carabinieri che bloccano il traffico e liberano la strada.
Evidentemente è in arrivo una personalità molto importante, forse lo stesso presidente del consiglio. Spero di avere saliva per sputare al suo passaggio.
Invece preceduto da una decina di poliziotti in motocicletta e qualche gazzella, in un tripudio di lampeggianti e sirene, passa la Mercedes grigia del Papa, diretta all'aeroporto.
Esplodono applausi, specie dai turisti stranieri assiepati e costretti sui marciapiedi. Tiro un sospiro di sollievo, tutto sommato non ho fatto un brutto incontro e mi infilo in un pub che ha l'aria di essere irlandese sul serio. E infatti è vero.
Ristorato da una Guinness alla spina, spillata con arte consumata, mi avvio verso Largo Argentina.
Il tram numero 8 mi riporta alla stazione di Trastevere e al mio treno locale per Fiumicino.
Il resto è senza storia.
Quando l'Airbus tocca terra sobbalzando e il sibilo dei turbofan si spegne lamentosamente a Bergamo piove, sono già le 23 e i colpi di sonno mi accompagneranno fino in cima al mio lago.