Monte Rosa e risaie |
Regionale
Milano Torino. Per un’altra delle tante volte ho preferito il treno.
L’alta
velocità costa tantissimo: un costo esagerato e l’automobile è molto più
conveniente.
La strada ferrata
da Milano a Torino attraversa la pianura passando in mezzo a risaie mentre all’orizzonte
scorrono le montagne innevate più belle delle Alpi, o comunque quelle che mi
ricordano di più la geografia studiata come si usava tanti anni fa.
Scelgo il treno
regionale a buon prezzo, sperando di godermi un po’ il paesaggio.
Usciti dalle
volte metalliche di Milano Centrale si scivola presto di fianco al mitico
Ospedale Niguarda per poi arrivare a Rho guardando i padiglioni dell’Expo e
tutto quello che è sorto nei loro dintorni.
Guardo sorridendo
fra me e me lo skyline della speculazione edilizia meneghina che ha segnato il
tramonto politico ma non economico di qualche faccendiere.
Il treno è
piuttosto sporco e maleodorante, come d’uso.
Naturalmente
molto affollato, visti i costi dell’Alta Velocità, e tutti sono chini sullo
smartphone tranne quelli che con le cuffie dello smartphone tentano di
dormicchiare.
Mi ero
proposto di lavorare un po’ sul pc, mi sono portato il fedele Mac, che si manovra
meglio con poco spazio a disposizione, ma manca assolutamente un tavolino e il
suo destino è rimanere nello zaino a far compagnia alla fotocamera.
Di fronte ho
due studenti, parlavano di lezioni e di esami, quando sono saliti.
Poi si
immergono nelle cuffie, scambiandosi messaggi laconici sulla musica che stanno
ascoltando; quello vicino al finestrino segue anche le immagini sul piccolo
schermo, l’altro con gli occhi chiusi segue il ritmo dondolando la testa, ma a
volte anche le spalle.
Passa
Magenta e prima di Novara iniziano le risaie.
Torino Porta Nuova |
Il Monte
Rosa è
immobile sullo sfondo mentre a fianco della ferrovia scorrono strade
locali deserte che incrociano altre strade più larghe con auto rare e qualche
trattore.
Scorre
rapidamente un’Italia di provincia che sta scomparendo: scheletri di fattorie
isolate, case di ringhiera prima delle fermate impresenziate, nugoli di colombi
sui tetti di coppi indifferenti allo sferragliare, binari morti in disarmo in
ogni stazione, qualche capannone diroccato e abbandonato ricorda un lontano
miracolo economico.
Alla fine mi
assopisco mio malgrado, cullato dall’atmosfera pigra della provincia e mi
riscuoto a Chivasso dove la torre dell’acqua altissima ricorda uno stabilimento
Lancia durato solo qualche decennio, come tutte le auto Lancia globalizzate da
tanti anni in mamma Fiat, forse matrigna.
Poi la
ferrovia entra in un tratto sotterraneo e ci sottrae i sobborghi di Torino per
sbucare prima a Porta Susa e poi a Porta Nuova, in un trionfo di liberty
pretenzioso.
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