Diede una profonda tirata alla sigaretta e osservando il cielo azzurro di quella fine mattinata continuò a seguire i suoi pensieri.
«Lo sai perché non si sentono in pericolo?Perché pensano di essere invincibili, immortali, immuni dal dolore che li circonda. Tu ci sei dentro a metà, forse non sei più abbastanza distante per vederli nitidamente ma io posso farlo, li osservo, li seguo ogni giorno con attenzione, credimi. Valianti per esempio, crede sul serio di appartenere a una razza superiore, guarda i malati e le loro malattie con disgusto e non lo nasconde nemmeno. Me ne sono accorta tante volte, il problema è che se ne rendono conto anche i pazienti che però pensano che quei semidei possano risolvere i loro problemi e così se li tengono buoni, portano doni e omaggi, sopportano umiliazioni e sofferenze spesso inutili. Ma tu lo capisci o no il meccanismo di ricatto che sta dietro al sistema ? Io ho il potere di guarirti, io solo, tu me lo devi riconoscere, rassegnati ad essere nelle mie mani, affidato al mio sapere, al mio umore, ai miei capricci, e guai a non avere fiducia».
Aveva detto quelle ultime parole con un tono di voce leggermente diverso dal solito. Alla fine, girandosi verso di lui, sembrò quasi sorpresa di essere in quel posto, seduta su quella panchina.
«Ho scantonato, vero? Ho detto un sacco di stupidaggini. E solo che ho perso mia madre, tanti anni fa. e non riesco ancora a dimenticarmelo. Non si sono accorti che aveva una gravidanza extrauterina, l'hanno scambiata per un inizio di menopausa, e così... tu non sei come loro, lo so, promettimi solo che non lo sarai mai, neanche fra vent'anni».
Quanti medici possono leggere serenamente queste pagine dopo vent'anni di professione? Di più o di meno di quanto si pensa? Sicuramente più di un tempo, la medicina cresce non solo scientificamente, anche l'etica ha avuto la sua parte.
Però la strada è ancora lunga.
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