31 dicembre 2015

Ritorno a Bratislava [Natale a Bratislava]


Il ponte nuovo (Nový Most)
10 luglio 2003 – Mancano venti chilometri circa a Bratislava. Pedaliamo da Regensburg e siamo partiti da Vienna con gli occhi saziati da Dürer e Bruegel der Alte.
Alba a Bratislava - 2003
Sono ansioso di vedere questa città che finora per me era solo il nome di una stazione che compariva sulla radio della mia infanzia dopo che i pentodi e i triodi si scaldavano faticosamente. 
I comunisti sono scomparsi come neve al sole da una decina di anni ma le guardie di frontiera ci controllano minuziosamente i documenti come all’aeroporto di Budapest in piena guerra fredda.
A noi, turisti in bicicletta, chiedono pure se abbiamo qualcosa da dichiarare.
Fa caldo e i campi biondi di grano si stendono fino all’orizzonte della pianura pannonica e in fondo, in fondo si vede un castello.
La bicicletta ancora una volta permette di assaporare i luoghi lentamente, con ritmi che accarezzano la mente e permettono ai nostri occhi di imprimere nella memoria immagini che dureranno.
Ci avviciniamo.
Il quartiere d'epoca socialista Petržalka
Autocarri fragorosi passano sulla statale discosto rombando nell’aria greve di gasolio.
Il castello prende forma e scopro che Bratislava non una città nebbiosa stesa nella piana danubiana, ma un borgo che si raccoglie sotto il castello e si propaga pigro su qualche collina.
Dalla riva sinistra del grande fiume emergono innumeri, grigie, polverose e anonime case popolari divise da prati spelacchiati e unite da strade punteggiate da buche profonde.
Anziani e bambini si aggirano nella tristezza dei quartieri dormitorio dove si torna solo alla sera.
Michalska ulica - 2003
Un ponte quasi post-moderno scavalca il Danubio sostenuto da cavi possenti è percorso da tram scoloriti e sferraglianti che uniscono la città vecchia a quella del popolo.
A destra, sotto il ponte, prati incolti sono punteggiati dai carrozzoni del  luna-park abbandonato.
La città vecchia è splendida anche se i negozi sono polverosi ed espongono ancora povera e rara mercanzia.
Lungo la Michalska ulica innumerevoli ristoranti, caffè e trattorie celebrano la nuova abbondanza invitando i turisti alla saporita cucina locale, vivace di infernali peperoncini colorati.
Dentro l’hotel Kijev la moquette si stacca dalle pareti rivelando impietosa chiazze di muffa e fuori, sulla spianata retrostante, vecchie contadine tristi vendono ciliege dolcissime.

Panorama dall'Hotel Kyjev - 2004
25 dicembre 2015 – Mancano venti chilometri circa a Bratislava. Sull’autostrada si stende una nebbia non fitta ma già fastidiosa che restringe l’orizzonte a trecento metri.
Scivola sornione il Mercedes a nove posti noleggiato per l’occasione; la famiglia si è ingrandita ; sono diventato nonno e ora Agata sonnecchia cullata dal motore e dalla serenità dei suoi cinque anni mentre Tommaso dal basso dei suoi tre mesi ridacchia fra una poppata e l’altra.
E’ Natale e siamo partiti da Vienna con gli occhi saziati da Dürer, da Bruegel  e da Klimt.
Souvenirs a Michalska ulica - 2015
La guardie di frontiera sono state pensionate da Schengen; davanti alla caserma disabitata c’è solo una guardiola che vende il contrassegno dell’autostrada.
Il benvenuto di un esattore scortese è di 10 euro contro gli 8.80 della meravigliosa rete autostradale austriaca.
Bratislava è una città nebbiosa stesa sulla piana danubiana.

Usciamo dall’autostrada e ci inoltriamo sul ponte
post-moderno, vanto del regime sepolto, che unisce la città nuova dalla vecchia.
Michalska ulica - 2015
Sul ponte e a sinistra, sotto al castello, sfrecciano tram silenziosi alternati a qualche residuo sferragliante, ultimo ricordo della repubblica popolare che sfuma nella nebbia dei ricordi.
I negozi del centro, rutilanti dei brand più famosi, competono con i centri commerciali che sorgono su entrambe le rive del fiume.
Quasi tutti i negozi sono chiusi: qui il Natale è ancora una cosa seria, non come a Milano.
In centro sono aperti alcuni ristoranti dove il liberty trascolora nel kitch ma camerieri in livrea servono inappuntabili le specialità infuocate dal peperoncino.
Qualche caffè è rimasto fastoso e austero:  i prezzi sono quelli di Vienna ma la pasticceria no.
Saliamo lungo la Michalska ulica dove le trattorie hanno lasciato il posto a negozi sgargianti di led che espongono equamente ciarpame e souvenirs come a Roma. 

12 ottobre 2015

Non è mai troppo tardi [forse]



Parto mercoledì per un convegno nazionale di una società scientifica cui appartengo sin dalla fondazione, anzi, forse ci ho messo un piccolo contributo.

Da una trentina di anni giro un po’ il mondo dei congressi  e qualche [amara] riflessione sull’attività accademica ci sta bene.

In Francia se sai fare bene qualcosa te lo riconoscono; ti fanno pubblicare qualche lavoro, magari un libro. Se si accorgono, e si accorgono normalmente, che guadagni molto, ci pensa il fisco a ridimensionare la tua autostima.

In Germania se sai fare bene qualcosa te lo riconoscono; ti lasciano pubblicare qualche lavoro e ti retribuiscono profumatamente. Devi conoscere [lingua] usi e costumi e assimilarli.

In Gran Bretagna e negli Stati Uniti se sai fare bene qualcosa ti chiamano a lavorare; si prendono cura della tua autostima con pubblicazioni e retribuzioni; devi solo stare attento al fisco perchè se sgarri diventi un delinquente.

In Italia se sai fare qualcosa diventi oggetto e bersaglio di invidia. Pubblicano solo qualcosa di indispensabile e cercano di farti lo sgambetto ad ogni congresso. La tua autostima è messa a dura prova quotidianamente dagli appartenenti a lobby e cosche.

Ne puoi uscire solo affiliandoti a società scientifiche internazionali e trasversali. Forse l’ho capito troppo tardi.

Parto mercoledì per un convegno nazionale di una società scientifica cui appartengo sin dalla fondazione, anzi, forse ci ho messo un piccolo contributo. “Non è mai troppo tardi” è stata una trasmissione di successo.

03 ottobre 2015

La vita è un viaggio



Aeroporto Vincenzo Bellini di Catania, anche se tutti lo chiamano ancora Fontanarossa.
Arrivo ai varchi un po’ in anticipo, non mi è molto abituale. Proprio per questo, riflesso condizionato, cerco automaticamente la fila più corta: è la “e” dove armeggia solitaria una coppia anzianotta.
Mi metto ordinatamente in coda e con gesti automatici slaccio la cintura, sfilo l’orologio, cerco in tasca le monete da togliere, butto il trolley sulla mensola per estrarre l’ecografo come da regolamento.
Catania Fontanarossa
La coppia continua ad armeggiare.
Lei e lui hanno da poco passato la settantina e il passaporto li qualifica per Danesi.
Lui è impacciato, forse non viaggia spesso in aereo, o forse è impacciato di suo.
Lei lo sa, che è impacciato, e gli dà ordini perentori con cipiglio imperioso. Lui cerca di obbedire e afferra ora un oggetto ora l’altro e continua ad aspettare ordini, mansueto, occhi bassi.
Lei sempre più imperiosa e corrucciata non smette di dargli ordini, ma non sa assolutamente cosa fare, forse anche lei non vola spesso,  anzi ne sono sicuro.
E così armeggiano da qualche minuto passandosi da una mano all’altra portafogli, monete, occhiali, senza decidersi a riempire la bacinella da infilare nelle fauci fameliche del tunnel a raggi x mentre il tapis roulant aspetta cigolando sommesso.
Intanto si è formata una bella file; io tossicchio discreto, ma il popolo dei Catanesi volanti dietro di noi non è altrettanto diplomatico.
Alla fine, attratto dalle esclamazioni colorite, un addetto esce dai varchi, prende sbrigativamente dalle mani della coppia mazzi di chiavi, occhiali da sole, monetame e orologi, li butta nella bacinella e spinge deciso gli sprovveduti attraverso i varchi.
Lui sorride grato,  lei continua a berciare torva.
La fila si ricompone.
La vita è un viaggio.


07 settembre 2015

L' appetito vien mangiando



Sono decisamente un pediatra al capolinea. In piscina qualche giorno fa un cretino di sei anni ha alzato il medio alla nonna che lo chiamava sorridente,  e la nonna non ha smesso il sorriso.
Un cretino, questa volta di 10 anni, si è divincolato prima di un prelievo di sangue intimando con odio alla mamma, ovviamente sorridente:  non rompermi il cazzo!
La mamma dei cretini, si sa, non prende la pillola da decenni.
Ma qui il problema è ben altro.
Sembra che lo scopo dei nuovi genitori non sia quello di allevare, educare, crescere il proprio cucciolo. L’imperativo categorico è quello di farlo SORRIDERE!
Niente regole, nessuna educazione, nessun paletto, nessuna EDUCAZIONE!
Purtroppo malattie, migrazioni, epidemie, disinformazione continuano e continueranno a seguire la loro strada.
Se è vero, come suggerisce qualche psicologo, che la nostra personalità si forma prima dei tre anni, rassegnamoci!
Avremo figli maleducati, capricciosi, cretini, senza regole, obesi e sempre meno sorridenti poichè l’appetito vien mangiando.