28 maggio 2017

La seconda versione



Il vecchio cercava di riordinare i referti delle ecografie, brontolando sommesso. Il computer era lento, la connessione zoppicante, i colleghi più giovani scrivevano sempre di fretta. Lombardia Informatica ribadiva a intervalli regolari che non supportava quel browser obsoleto.
Ci pensò l’infermiera a interrompere le litanìe annunciando sommessamente che dal pronto soccorso sarebbe salito un lattante che era caduto con il girello.
L’ambulanza era appena appena entrata in camera calda, ansimante di sirena e pneumatici roventi, dardeggiando lampi celesti come un albero di natale fuori stagione.
L’infermiera parlava a mezza voce perché era spagnola e anche perché il vecchio sapeva rispondere bruscamente quando lo si distoglieva bruscamente dalle sue manìe.

- Col girello è caduto? – Poi uscì in corridoio incontro alla giovane coppia che incedeva in corridoio con  in braccio un bambino cicciottello, tutto sommato tranquillo, nonostante una bella tumefazione ecchimotica sopra la tempia sinistra.

- Sì, la sorellina è scesa incontro al papà e lui mi è scappato e ha infilato le scale, ma il papà l’ha preso al volo per fortuna.

- Sì, per fortuna l’ho preso – confermò il padre, un po’ impacciato – se no andava giù fino in fondo alle scale.

I vecchio pensò sarcastico a Monsieur De la Palisse. Non si poteva opporre nessuna obiezione: se il papà non l’avesse preso sarebbe rotolato per le scale. L’inesorabile accelerazione di gravità non usava fare eccezioni.

Ma il vecchio era curioso e chiese – Ma dove cazzo l’avete preso un girello nel 2017? Non dovrebbero neppure più essere in vendita…  vabbè che siamo in Italia; comunque lo spogli che lo visitiamo – e scomparve per il corridoio alla ricerca di un fonendoscopio che non trovava nelle ampie tasche del camice.

Quando ritornò i genitori non fecero a tempo a nascondere un vasetto in cui avevano intinto il succhiotto, poi infilato a forza in bocca al piccolo.

- Cos’è ‘sta roba? – ruggì il vecchio.

- Miele, per non farlo piangere.

- Non mi sembra che voglia piangere – rispose il vecchio, e pensò che forse l’omino Michelin era nato così, e comunque sempre meglio di quelle mamme che si infilano il ciucio in bocca prima di darlo al figlio e comunque che né i suoi figli né i suoi nipoti avevano mai chiesto il ciucio e quindi nessuno si era mai sognato di darlo loro. 

Fortunatamente il piccolo, tumefazione parieto-temporale a parte, non sembrava avere proprio nulla e il vecchio decise per qualche ora di osservazione, più che altro per tornare ai suoi referti e ad altri due bambini saliti dal pronto soccorso.

- Il lattante usa la bocca anche come organo di tatto, per esplorare e saggiare il mondo che lo circonda. Se gli date il ciucio – tentò di spiegare il vecchio – gli togliete parte della capacità  e della felicità di scoprire… 

-  Allora ci tiene in osservazione?  - Arguì la mamma, e il papà imbarazzato assentì gravemente, occhi bassi, guardando con aria perplessa la valigia che si erano portati da casa, a scanso di sorprese.

Il vecchio borbottò fra sè e sè che era andata bene; c'erano anche i cretini aggressivi.

27 maggio 2017

La prima versione



Sofia si lasciò scivolare sulla sedia del bar Stop & Go. Loris sonnecchiava sul passeggino, insolitamente silenzioso.

-          Il solito? – chiese Ramon sbirciando senza successo nella scollatura della signora e spinse sul tavolino  un posacenere appena svuotato.

-          Il solito – confermò Sofia - e porta anche un cappuccino che sta arrivando Sofsof - che infatti arrivò di lì a poco, sorridente, con la prima sigaretta della giornata che brillava fra le dita.

-          Che spavento ieri sera! – esordì Sofia – il Loris ha infilato le scale con il girello…. guarda lì che botta.

In effetti il Loris dissimulava parzialmente un bernoccolo in fronto-parietale sinistra, in termini medici, parzialmente coperto dal berrettino da baseball rosso dominato al cavallino rampante della Ferrari di cui il Luciano, suo padre, era tifoso sfegatato e da qualche anno pure sfigato.

-          Con il girello? Ma siamo nel 2017! – esordì Sofsof – Ne vendono ancora? E dove diavolo l’hai preso? E siete matti a usare ancora il girello?

-          Piano, piano – si difese Sofia – prima di tutto era in casa, di qualche cuginetto, ma poi era comodo; mentre facevo i lavori di casa il Loris gironzolava e stava buono.

-          E non si è mai fatto male? – insistette Sofsof.

-          Beh una volta ha toccato il vetro del forno acceso, ma un piccola scottatura; un’altra volta armeggiava con il cacciavite dentro una presa, ma l’ho preso…

-          Un cacciavite?

-          Sì, il Luciano aveva aggiustato il frullatore e l’ha lasciato lì.

-          Ma ieri com’è successo?

-          Il Luciano ha suonato alla porta; Angelica ha aperto e gli è corsa incontro e il Loris le è andato dietro; che spavento!

-          Ma poi com’è finita? – continuò Sofsof.

-          Il Luciano l’ha visto arrivare e l’ha preso, per fortuna. Poi il girello gli è arrivato su uno stinco e lui l’ha buttato glù dalle scale e l’ha fatto a pezzi - concluse Sofia.

-          Questa è la prima cosa intelligente che sento questa mattina – proseguì Sofsof – e poi in pronto soccorso…  

-          Sì in pronto soccorso ho sentito le mie – rispose Sofia – il pediatra mi ha detto che siamo nel 2017 e dove cazzo l’avevo preso il girello, poi si è incazzato perché mettevo il miele sul ciucio; credevo che il Luciano gli rispondesse male invece era mogio mogio.

Il ciucio nel miele… Sofsof pensò in quali altri posti Sofia potesse infilare il ciucio prima di darlo al Loris e arrossì impercettibilmente. Poi si riprese.

-          E chi era il pediatra in pronto soccorso? – chiese.

-          Boh... uno vecchio e pelato, con brutte orecchie a sventola… diceva che lui non avrebbe dovuto essere lì a fare pronto soccorso ma sono in pochi e devono arrangiarsi; quando ha saputo che il Luciano aveva fracassato il girello sembrava tornato di buon umore.

Poi Sofia si alzò spazientita trascinando via il passeggino del Loris perché un vigile si era avvicinato con fare sospetto al SUV parcheggiato al posto degli invalidi e si metteva male.
Sofsof mise mano al portafoglio e chiamò Ramon per pagare la consumazione.

25 maggio 2017

Sofia e Sofsof

Le signore, due, prendevano il caffè sedute a un tavolino del Bar Stop & Go, poco distante dalla scuola elementare dei Pratimagri.
Si conoscevano da tempo, erano state compagne durante le scuole medie e si chiamavano entrambe Sofia.
Una era rimasta Sofia, l’altra avevano cominciato già a scuola a chiamarla Sofsof, forse per ironizzare sulla sua vaga e leggera balbuzie, che poi era scomparsa ma tant’è: era rimasta Sofsof anche per il fidanzato e poi marito.
Sofia si era accesa la prima sigaretta del mattino, l’unica che valesse la pena di essere assaporata; di fianco il piccolo Loris, nel passeggino, il ciucio fieramente fra le labbra, dal quale aspirava di tanto in tanto con negligenza, guardava attonito il mondo.
-        Eh, che tempi – diceva Sofia, sorseggiando il caffè – ora mi tocca vaccinare Angelica con dodici vaccini, tutti obbligatori! Ma dove siamo? In quale paese d’Europa ti costringono a dodici vaccini?   
-        Ma va là, sciocca, che vuoi che siano? – ribatteva Sofsof, cercando febbrile il pacchetto di sigarette in fondo a una borsa traboccante che non avrebbe passato i varchi di Malpensa.
-        Ma come – ribatteva Sofia – dodici iniezioni nelle cosce, ma come mi torna Loris? E Angelica chi la tiene?
-        Su su, si vede che non li hai mai vaccinati, sono dodici vaccini, ma le iniezioni sono solo quattro o cinque – disse Sofsof, per chiudere l’argomento – una ne tiene sei, e infatti si chiama esavalente, una ne tiene tre, e infatti si chiama trivalente, poi ci sono quelli delle meningiti, non leggi i giornali? In Toscana sono morti come mosche. Il mio Barnaba li ha fatti tutti e non se n’è nemmeno accorto.
-        Sì, ma ci pensi – rispose Sofia accendendosi altra sigaretta – sei vaccini tutti insieme, una bomba!
-        Già – borbottò Sofsof – dice uno di Milano che si potrebbero anche fare 25 o trenta vaccini insieme, chissà se sarà vero…
Loris si era scocciato; forse il fumo delle sigarette… si strappò il ciucio e lo gettò per terra con aria trionfante.
Sofia si chinò, prese il ciucio, se lo mise in bocca, lo succhiò con attenzione, poi lo infilò decisa in bocca al piccolo regalandogli qualche miliardo di batteri delle specie peggiore, di almeno un centinaio di tipi diversi, ma temperati dall’alito misto di tabacco e caffè.
-        Certo che a quell’età il sistema immunitario… a me sembra che sei in un colpo solo siano un po’ troppi – concluse Sofia.
Poi salutò distrattamente – devo andare, dai, a domani - e si allontanò con Loris e il passeggino caracollando verso il suv parcheggiato sul marciapiede, tanto i vigili a quell’ora erano impegnati ancora davanti alle scuole.
-        Ma kazzo – pensò Sofsof entrando a pagare le consumazioni – mai che offra un caffè, lei e il suo suv.