Il
Battista faceva gli zoccoli, così come mia mamma faceva la maestra, mio
padre pensava case, mia zia aveva la bottega e mia sorella non
studiava.
Io
sognavo in modo equanime di pilotare aeroplani e di scoprire il
razionale nella differenza anatomica fra i due sessi.
In
seguito mi ero illuso di costruire case e di fare l'ingegnere, ma ero
anche stato il primo a non crederci seriamente.
Ma
torniamo al Battista.
Grande,
robusto, non sposato e immune dalle smancerie e debolezze di chi
aveva diviso cuore e capanna, era un laico fiero, e sedicente
anticlericale, ma forse era stato il primo a non crederci seriamente.
Laico
però sì e sincero, e mio maestro di vita e di pensiero, visto mio
padre lontano.
Faceva
zoccoli sul serio, in due/tre locali in un rustico nel nostro
cortile.
Questo
rustico era stato atelier ed officina del mio tecnologico nonno che
all'inizio del secolo si era fatto spedire dall'America una
fotocamera a soffietto con otturatore pneumatico.
Dietro,
nei locali più lontani e nascosti al cortile c'era stata una stalla,
prima della seconda guerra.
Ma non
era una cosa seria; il nonno ci si era adeguato perchè ogni famiglia
usava in guisa autarchica tenere qualche bestia e pure uno scheletro
di carro stava ancora sotto una tettoia malconcia.
Ma
l'anima del nonno viveva nella fotocamera a lastre, nella forgia, nel
banco da lavoro, nell'armadio delle pialle, e soprattutto nel torchio
del copialettere, ignaro antesignano di ciclostile e scanner.
Dopo la
scomparsa del nonno nel '36, non si sa come era arrivato nel
dopoguerra il Battista con le sue macchine elettriche per produrre
zoccoli.
Partiva
da lontano, partiva dai tronchi di faggio che venivano scaricati
irregolarmente nel cortile da un Tigrotto azzurro o da un Leoncino
rosso.
Erano
autocarri, “camion” nel lessico famigliare, di ex carrettieri che
avevano saputo precorrere i tempi e si erano adeguati al trasporto su
gomma, magari militando nella resistenza o voltando sapientemente
gabbana negli anni canonici.
I
tronchi di faggio, stagionati all'aperto, venivano segati, sagomati,
sbozzati e infine sagomati in fiammanti zoccoli, che poi venivano
laccati, rifiniti e decorati dalla Meneghina, arcigna mamma del
Battista.
Poi il
fratello del nostro, il Meneghin, al secolo Domenico,li avrebbe
portati al mercato su un camioncino Fiat 1100 al sabato mattina.
Verdognolo,
il camioncino, oggi si direbbe pick-up, era sopravvissuto alla guerra
fra traversìe inenearrabili con carburanti improbabili e
inaffidabili dalla cui convalescenza era guarito sommariamente, ma
residuandone un catarroso fumo nerastro e un consumo d'olio
inconfessabile.
Il
Battista, attratto fatalmente da caccia e pesca, impegnato
nell'amministrazione comunale fieramente all'opposizione, lavorava
giusto il minimo indispensabile per vivere e per sopravvivere ai
rimproveri materni.
Non si
era sposato. Famoso e leggendario protagonista della resistenza in
montagna aveva sviluppato un'idiosincrasia equamente distribuita fra
i dogmi del cattolicesimo e quelli non meno manichei del PCI.
Così
era approdato nelle file del PSI, da cui irrideva il parroco,
ricambiato con la stessa moneta , e dando vita a una saga che
ricordava don Camillo e Peppone, ma con toni più ironici e bonari,
che non escludevano comunque colpi bassi all'occorrenza e nelle
ricorrenze elettorali.
Da
questo Battista ero stato adottato come nipote e ne avevo ricevuto
un'educazione sentimentale che dura a tutt'oggi.
Se ho
rinnegato le battute di caccia... alle allodole e il primo vino
bevuto di nascosto in qualche cascina di amici, mi è rimasta la
formazione etica e laica che mi guida ancora nel mio cercare
quotidiano di essere medico.
1 commento:
Hallo Dr. Jekill, il tuo dialogo con Mr. Hyde mi piace molto. Potrebbe essere che la vita in Baviera non sia tanto male quanto molti bavaresi affermano? Comunque sia, la compagnia con dottor Jekill e con sua signora è sempre molto piacevole. Ciao, servus, Ulrich
Posta un commento