Ho lavorato
in molti ospedali. Ho iniziato a Verona e ho finito a Gravedona, ma fra queste
due tappe ci sono state Topolinia, Paperopoli, Avarinia e Spreconia.
Uno dei più
divertenti è stata Topolinia, ci ho resistito poco.
La città era
piccolina, anche se la qualità della vita era molto buona e le serate sempre
divertenti.
Eravamo una
grande famiglia; ci si dava facilmente del “tu”.
I primari
erano per lo più simpatici, salvo qualche lodevole eccezione, e avevano potere
di vita e qualche volta di morte.
La direzione
amministrativa era affidata a un imbecille che militava nel giusto partito,
allora scudocrociato.
La direzione
sanitaria toccava invece a un primario di ostetricia, ovviamente dello stesso
partito.
Tutto era
immutabile dal tempo dei tempi, la
farmacia, la portineria, il pronto soccorso, il parcheggio e la camera
mortuaria.
Era più
facile far passare un topolino dalla cruna di un ago che apportare una
variazione al prontuario terapeutico e in farmacia si preparavano ancora galenici.
La parola d’ordine
era “occupare i letti” e quando la morbilità si riduceva, almeno in pediatria,
i ricoveri si allungavano.
Per una
broncopolmonite si poteva languire in una linda cameretta per 25 giorni, o
almeno così ci informano le statistiche del tempo.
In altri
reparti i letti venivano occupati anche in modo più ludico, ma statisticamente meno
quantificabile.
Il problema
di ridurre i costi era relegato alla solita invocazione: comincino al sud (dell’Italia
ovviamente)!
C’era già una
divisione di Ostetricia a 25 chilometri? Ma noi siamo più bravi e poi la strada
è brutta, ci sono i camion della Sangemini.
C’era già
una divisione di Pediatria a 25 chilometri? Ma noi siamo più simpatici e un
bambino deve stare vicino ai nonni, alle
zia e alle figlie della sorella, ch’era gobba pure quella.
C’era già
una divisione di Ortopedia a 30
chilometri? Ma noi siamo più belli e quelli sanno trattare solo il ginocchio.
E così in
questa provincia, grande come un quartiere di Milano, ci stavano quattro/cinque
ospedali con tanti dottori e altrttanti
amministrativi.
Qualche anno
più tardi fu giocoforza unire le amministrazioni ospedaliere e ci si trovò con
un numero esorbitante di medici e di amministrativi.
I medici, soprattutto
i molti precari, finirono sistemati tutti: qualcuno perse il lavoro, qualcun’altro
lo perdette. L’Accademia della Crusca permetteva e permette tutt’ora entrambe
le azioni.
Per gli
amministrativi, fra i quali c’erano ben pochi avventizi, non c’era soluzione.
Il lago, dove buttarli impietosamente, era lontano e il fiume, ridotto a un
rigagnolo puzzolente dallo sfruttamento idroelettrico, non era praticabile.
Si pensò
allora di dividere il carrozzone in un’Azienza Sanitalia Locale e un’Azienda
Ospedaliera Provinciale.
Così gli
amministrativi, circa il doppio dei medici, trovarono giusta collocazione.
Ora Mario
Crudelio Monti dice che non ci sono i soldi per garantire un’adeguata assitenza
pubblica: indubitabilemente si tratta di
persona ignorante e priva di fantasia.