Arriva a Malpensa scendendo dallo
shuttle di un parking di Cardano al Campo che frequenta da otto anni.
Un po' gobbo, spelacchiato, stempiato e
canuto, sulla sessantina, con le orecchie a sventola, trascina più o meno stancamente
due trolley, uno nero che sembra pesantissimo e uno grigio, sciupato
e rigato come se avesse trasvolato le Americhe otto volte.
Anche se piove non porta ombrello, ma
sempre e solo qualche giubbotto sommariamente impermeabile, l'ultimo
è rosso e viene da un outlet di Fidenza. Le scarpe sono
invariabilmente vecchie comode Timberland scamosciate.
Guarda compunto il tabellone degli
orari poi si avvia ai varchi con il passo strascicato di chi ha già
fatto il web-check-in e sa che dovrà sottoporsi alle forche caudine
dei varchi.
Qualche volta si attarda al bar per un
caffè e le chewing-gum alla menta di chi teme sempre di ammorbare il
vicino di posto con l'alito mattutino di chi ha lasciato il letto
alle quattro del mattino.
Ai varchi è veloce: rapido estrae dal
trolley pesantissimo e nero una attrezzo elettronico che attira gli
sguardi curiosi degli addetti, ma dopo la spiegazione laconica
abbozzano comprensivi.
La vaschetta si riempie di un ipad, di
un telefono, di una fotocamera finta compatta, degli occhiali da
presbite e di un portafoglio pesantisimo che trabocca di tessere
magnetiche e biglietti di tram di mezz'Italia.
Si ricompone con calma, infila la
cintura e si avvia con passo tranquillo all'imbarco, dove evita la
coda, tanto ha scelto il suo posto da casa imprecando, window seat
nelle prime otto file, salvo contrattempi informatici.
Le sonde dell'ecografo viaggiano in
stiva.
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