Nessuno mi ha
chiarito la data, ma se il nonno era partito nel ’36 non poteva essere molto
dopo il 1930.
Nella memoria
sta con un altro albero immenso, che raggiungeva il secondo piano ed era un
pero.
Non so perchè
le pere le raccogliesse solo il Guglielmo, forse aveva una pertica speciale per
le pere, forse era un diversivo per dimenticarsi, per qulache ora, di riparare
le biciclette di un intero paese.
Dalle case e
dai cortili vicini questi alberi li ammiravano. Oggi chiederebbero, ed
otterrebbero, di abbatterli per l’ombra e per l’invidia.
Il pero se
n’era andato presto, a metà degli anni ’50, prima che la millecento grigia
potesse riparararsi sotto i suoi rami.
Invece il
ciliegio rimaneva a dividere la vigna.
Di quà
c’erano i filari che prendevano sole tutto l’anno, di là i filari più freddi,
che rimanevano all’ombra da novembre a febbraio, nella brina che durava tutta
la mattina e a volte di più.
Il ciliegio
fioriva ogni primavera e si vedeva da lontano.
Aveva per
compagni e vicini un alberello magro di marasche, stento e macilento, morto giovane,
e uno più piccolo di amarene, basso, tozzo, trasudante resina tenace, che
produceva amarene amarissime e precoci.
Quando le
ciliegie maturavano si saliva, dopo la scala a pioli, di ramo in ramo.
Strano che
nessuno temesse che cadessi, e in effetti non è mai successo.
Superando
terrore e vertigini, e lo confesso solo ora, arrampicavo a dieci metri da
terra.
I frutti
maturi, duri e cupi, mi annoiavano presto.
Dall’alto
però di vedeva il Lago.
Quel Lago che
ho sempre proonuciato con la maiuscola, qul Lago da dove venivamo. Non era il Lago di Como dell’atlante nè il
Lario del libro di geografia di mia sorella; era il Lago di Lecco del papà, del
nonno, del bisnonno, della nonna salita bambina dalla Toscana alle sue rive e
che parlava il vernacolo di Pistoia con la stessa fierezza del dialetto di
Pescarenico.
Era il Lago
delle motociclette rosse che uscivano a Mandello e percorrevano le strade
dell’Europa che rinasceva dalle ceneri.
Il ciliegio
c’è ancora.
Non c’è più
nessun’altro a fargli compagnia.
Qualche
stentata pianta di pesche e di mele dal prato sconnesso che era stato la vigna
del nonno Martino.
Qualche
pianta è di quà, dove c’ erano i filari che prendevano sole tutto l’anno,
qualche pianta è di là, dove c’erano i filari più freddi, che rimanevano all’ombra
da novembre a febbraio, nella brina che durava tutta la mattina e a volte di
più.
Il ciliegio
fiorisce ogni primavera.
Nessuno può
raccogliere le ciliegie cupe, turgide, alte, all’altezza di un albero che non
vuole morire sfidando la legge della natura.
Ora sono
andati tutti e il ciliegio è mio; per anni mi sono chiesto per chi fiorisse il
mio ciliegio.
Per qualche
donna che prometteva di vivere sotto la sua ombra e con me.
Ho smesso di
chiedermelo e anche quest’anno non ci sono stato quando è fiorito.
1 commento:
Bello ma di una malinconia invernale come .......dove c'erano i filari più freddi, che rimanevano all'ombra da novembre.........
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