Dopo una giornata di pioggia e tempo alternante sino alla grandine abbiamo deciso di fare tappa a Lourdes.
Non è un luogo che lascia indifferenti.
All’arrivo prevale lo sconcerto di vedere questa serie interminabile di negozi, negozietti e supermercati che vendono articoli religiosi, ciarpame e paccottiglia in una luminaria rutilante che mi ha ricordato una Las Vegas in piccolo che vive sulla fede e sul dolore di pellegrini.
Ma Lourdes va vista da un’altra parte.
Bisogna entrare nella spianata della basilica dal ponte sul fiume Ousse, o meglio ancora da uno dei cancelli che si aprono al grande prato che si stende sulla riva destra del fiume, di fronte alla basilica.
A quel punto camminare in mezzo a tanta fede e a tanta sofferenza lascia il segno anche all’ateo e all’agnostico. Il senso del pellegrinaggio, come alla Mecca, a Tinos, a Santiago de Compostela costringe a un viaggio introspettivo che supera la suggestione di quanto si vede con gli occhi, anche gli occhi più aridi, cinici e disincantati di questa nostra epoca.
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