Dopo una giornata uggiosa come il sabato ecco una radiosa domenica, ultimo giorno di vacanza nelle Cicladi ovviamente. Giornata iniziata male con il rifiuto del riottoso quad di avviarsi; prendo l’autobus fino in centro convinto di fare una strage di noleggiatori e scopro che alla domenica, fino alle 10, gli autobus passano solo ogni ora e con orario diverso dai giorni feriali.
Arrivo in ogni caso dal noleggiatore, che si presta molto gentilmente a spiegarmi che questi motori si “ingolfano” facilmente, grazie non si era mai capito. Comunque viene a prenderselo e lo riavvìa (dopo venti minuti di tentativi).
Poi scopro che a Myconos oltre alle comitive che scendono dalle navi da crociera ancorate nella rada sta calando l’ondata dei domenicali “mordi e fuggi” da Atene.
Rapida corsa fino in piazza e torno trionfante con due biglietti andata e ritorno per Tinos, moto compresa, e salpiamo verso l’isola dei santuari alle 11.10 spaccate.
Dopo una giornata fredda e nebbiosa come venerdì questo è il giorno della vendetta.
Sbarchiamo e ci avventiamo sulle pendici della sponda occidentale, nel vento. Naturalmente sbagliamo strada, scolliniamo sul versante orientale, e finiamo nei pressi di un villaggio fra le rocce, Volax, dove la strada finisce.
Alla ricerca di una piazzetta dove girare il mezzo incontriamo invece una stupenda taverna con tavoli traballanti, sedie impagliate e tovaglie a quadretti bianchi e verdi. Il posto è frequentato solo da greci e inglesi, comunque insalata greca mista, salsiccia alla griglie due birre ci costano la metà che a Mikonos.
Poi visitiamo il paesino che è un piccolo gioiello, un pezzetto di Grecia curato, mantenuto e pulito come in una valle austriaca.
Riprendiamo il quad e scendiamo per una vallata quasi verde, tutte le pendici circostanti sono aride, riarse e rocciose, sino alla baia di Kolimbithra. Non fossimo satolli sarebbe bello fare il bagno, tutto l’occorrente c’è, ma decidiamo invece di riprendere il giro di giovedì e ritorniamo sulla sponda occidentale.
A Tinos, come d’alto canto anche in quasi tutte queste isole, non esiste una strada litoranea ma solo alcune strade principali di costa o di crinale, da dove poi si scende ai paesi costieri.
Il versante occidentale, che ci sembrava selvaggio con la nebbia, in realtà è abbastanza ridente e comunque ci sono molti insediamenti. Superiamo il crinale presso un monastero, nei pressi del villaggio di Isternia poi scendiamo verso Pyrgos. Il tempo è tiranno e ci suggerisce di iniziare la strada del ritorno.
La strada che scende a sud lungo la costa orientale ci mostra il volto selvaggio dell’isola; valli rocciose e brulle, percorse da muri a secco senza fine, si susseguono e scendono verso il mare.
Giunti a Komi decidiamo di tornare brevemente a Kolimbithra per un bagno. L’acqua è pulitissima e il fondale sabbioso.
Ripartiamo con un po’ di rimpianto da quest’isola così selvaggia e arriviamo al porto giusto in tempo per vedere spuntare nella rada il catamarano velocissimo che ci riporterà a Mikonos in venti minuti.
Ultima cena, ci mancherebbe, all’Atlantida di Platis Yalos, questa volta con grigliata mista.
Da martedì si rientra in ospedale.
2 commenti:
Diario di viaggio davvero preciso ed interessante! Da tenere presente in caso di un prossimo viaggio a Mykonos (noi ci siamo stati oltre 10 anni fa, ma la nostra è stata una vacanza molto più tradizionale: niente discoteca o vita notturna e nemmeno escursioni artistico-culturali, solo spiaggia e qualche ristorante!!).
Adesso buon rientro al lavoro...
Un saluto anche alla sig.ra Laura e arrivederci a presto
Liliana e c.
Be dai, almeno avete scoperto un'isola più interessante e meno turistica no? per fortuna che non tutto venga rovinato dal turismo di massa, qualche piccolo paradiso selvaggio esiste ancora...
besos
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