Immagini catturate con lo scanner, con la fotocamera, con la sonda dell'ecografo, con il pensiero. Immagini che quasi sempre sono frutto della casualità e dell'intuizione.
12 settembre 2009
Tinos
Il museo archeologico di Mykonos non è ricchissimo; o almeno a me così appare, quindi ce la sbrighiamo in poco tempo.
Poi è la volta del negozietto di paccottiglia dove acquistare i regalini per i figli; naturalmente pagando in contanti c’è lo sconto quindi parto alla ricerca di un bancomat che mi fornisca i contanti.
Non è molto chiaro se la commissione applicata sul prelievo vanificherà lo sconto dell’astuto negoziante cicladico, ma il bancomat più vicino è stato bloccato da una stupida signora indiana che ha infilato nella fessura una carta di credito esotica.
Naturalmente aspetta che la fessura la restituisca e a nulla valgono le proteste della coda di gente inferocita che si è formata in piazza.
Decido stoicamente di cercarmi un altro bancomat, che logicamente e strategicamente è piazzato nel punto più alto della città, da cui si vede un panorama stupendo sul porto.
Salgo le scalinate con una felpa caldissima sulle spalle, destreggiandomi in una comitiva di napoletani sbarcati da un nave della Costa Crociere.
Verso le 13 ritorno al porto trionfante con la mia manciata di banconote; ripassando dal primo bancomat scopro la signora indiana, o pakistana, ancora in attesa, ma con in mano un beverone dal colore poco rassicurante.
La nave per Delos, dove dovrebbe esserci un sito archeologico importantissimo, è stracolma, complice il tempo incerto che scoraggia una discreta percentuale di vacanzieri dalla vita di spiaggia.
Decidiamo di fare un follia e acquistiamo un biglietto del traghetto per Tinos, e salpiamo alle 14 con il fedele quad per l’isola dei santuari.
Il tempo è sempre meno raccomandabile e allo sbarco la minaccia di pioggia è sempre meno fantasiosa. Visitiamo il santuario dell’Annunciazione, l’equivalente ortodosso di Lourdes, anche se molto meno commerciale.
L’atmosfera mistica è molto suggestva e osserviamo alcuni pellegrini che salgono dal porto in ginocchio sino alla chiesa, in cima alla città.
Breve visita della cittadina, poi partiamo per il nord.
L’isola è più grande di Mykonos; è selvaggia e pressoché disabitata. Le strade, strette, ripide e tortuose offrono ad ogni curva scorci sempre nuovi che le nuvole basse rendono drammatici.
La mèta è Pyrgos, famosa per le sue cave di marmo verde, per una scuola di scultura e per un museo sulla lavorazione del marmo.
Il museo è simpatico, inaspettato, interessante e completato da una galleria fotografica dedicata ai tempi dell’emigrazione nelle Americhe. Ci accolgono cordialmente; non credo che abbiano visto molti italiani da queste parti, almeno dal tempo dell’ultima guerra mondiale.
Le nuvole sono sempre più basse e ci inducono a tornare al porto per la cena con un’ora di anticipo.
Tutto il lungomare di Tinos è un susseguirsi di taverne, dal nome greco impronunciabile. Ne scegliamo una che dovrebbe chiamarsi Epineio o qualcosa di simile e mangiamo lo zaziki più piccante della mia lunga vita, polipo alla griglia e vitello stufato con cipolle.
Alitando aglio ci avviamo al porto per prendere il più serio acquazzone delle Cicladi da qualche decennio e qui si scoprono i limiti del povero quad.
Aspettiamo il traghetto, naturalmente in ritardo, sotto una tettoia, poi non c’è più storia e si rientra mestamente a Mykonos, inzuppati sino al midollo.
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1 commento:
Che avventura!! tra la donna indiana, il bancomat in cima alla città e il diluvio col quad... un bel movimeto direi!!
Un abbraccio, tvtb
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