I primi due anni d’università sono stati i
più spensierati della mia vita!
Io e Leandro, il sodalizio era fatto,
godevamo di una libertà sconfinata, senza i mezzi per fare sciocchezze e con
una solida educazione piccolo-borghese che ci evitava di metterci nei guai.
Vivevamo in una pensioncina di Via della
Repubblica nell’Oltretorrente, terra di sinistra dura, di comunisti che
evocavano la Resistenza e di studenti che giocavano a fare la rivoluzione.
Tutti ricordavano quando era stato
disselciato il Ponte di Mezo per organizzare una fitta sassaiola con i nazisti.
Noi ci limitavamo a una tiepida adesione agli
ideali soprattutto per non correre il rischio di passare per “fascisti”.
E il rischio era molto facile; bastava non
alzare il bicchiere a un canto di Ivan Della Mea, un impermeabile bianco al
posto dell’eskimo e il gioco era fatto.
Io l’eskimo non l’avevo e non mi piaceva.
Per non passare da fascista ho preso un freddo
del diavolo durante i due inverni passati fra la nebbia dell’Oltretorrente ma
il loden lo lasciavo a casa spesso; in compenso non ho mai preso botte.
La due fazioni, spalleggiate dai Greci che
cambiavano spesso campo, se le davano di santa ragione, o almeno ci tentavano
dalle due sponde del torrente.
Di qua quelli del Movimento Studentesco con l’eskimo
e le Gaouloises; dall’altra parte i benpensanti che volevano far la vasca in
Via Mazzini con le Marlboro.
Io e Leandro non avevamo l’eskimo per sperare
nella benevolenza delle scarmigliate donne d’Oltretorrente nè l’automobile per
vedere da vicino le minigonne in passerella in Via Mazzini.
Di qua patchouli intrigante, di là Allure de
Chanel.
Sotto si fantasticava il paradiso ma noi si
andava in bianco e si ripiegava su Francesco Guccini, bar e osterie sino a
tarda notte.
E vero che c’era l’Università, ma ci si
andava svogliatamente e poi gli esami di Medicina, diciamoci la verità, non
sono mai stati difficilotti.
La
Doblò scivola sull’A1, al tempo dell’Università si chiamava Autostrada del
Sole, verso un convegno all’Isola d’Elba.
L’itinerario
più conveniente lambisce Parma, la sua Fiera, i suoi insediamenti industriali
che si spingno tentacolari verso l’Appennino. Di là non c’è la Toscana come
raccontava Guccini, ma l’ultimo mare ligure.
Nella pensioncina c’erano anche bravi
ragazzi, uno soprattutto. Veniva da Udine e frequentava solo e diligentemente le
lezioni in Policlinico.
Aveva anche due amici bestemiatori convinti,
anche se meno studiosi.
Nessuno è diventato medico; molti anni dopo
due di questi, che ancora ci provavano, mi avrebbero riconosciuto al Policinico
di Verona, studenti fuori corso a vita e io per pudore avrei nascosto la
targhetta che mi qualificava come Assistente.
Nella pensioncina c’erano due amici d’Alessandria.
Uno tentava di fare il sessantottino in jeans
ed eskimo firmati, studente perso di medicina.
L’altro, Francesco, studiava svogliatamente
ingegneria ma sarebbe diventato un giornalista di discreta fama trent’anni
dopo.
La
Doblò sbuca dalla galleria di valico e si fa condurre sorniona lungo la discesa
della Cisa attraversando la Lunigiana da cui venivano tante studentesse di “magistero”.
Ma fu Francesco a farci conoscere Teresa, le
sue compagne e la sua storia.
(3 - continua)
1 commento:
e poi......?????
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