E sorridevi
e sapevi sorridere,
coi tuoi
vent'anni portati così,
come si
porta un maglione sformato
su un paio
di jeans
(Francesco
Guccini - Farewell)
Teresa viveva con Giovanna e Piera, ragazze di Piacenza o Cremona, in un
appartamentino in centro, proprio vicino a Piazza del Duomo che già allora di
giorno era chiusa al traffico.
Non era un quartiere che si frequentava
abitualmente, troppo tranquillo, con negozi che non ci interessavano oppure che erano fuori dalla portata delle nostre tasche.
A volte capitavo da
quelle parti da
un grossista di materiale fotografico
da cui acquistavo la pellicola in bianco e nero a metri, risparmiando un bel
po’ di lire.
Chissà dove sono finiti quei negativi, certo
sarebbero molto simpatici, ma non dispero; un giorno o l’altro...
Teresa piaceva a Francesco, ma
non sembrava fosse molto ricambiato. A pranzo mi chiedeva consigli, ma non li
seguiva.
Non che io fossi un esperto, ma
ero solidamente accreditato come un giovane che aveva perso da tempo la purezza
virginale dell'adolescenza.
Alla fine avevo preso la drastica
decisione e una sera che sapevo Teresa sola in casa avevo sottratto a Francesco
le chiavi della nostra pensione.
Speravo che questo l'avrebbe
costretto a chiedere notturna ospitalità alla studentessa et voilà!
Invece le cose erano andate
diversamente e lo stupido studente di ingegneria si era messo sotto le nostre
finestre a chiamare aiuto con il rischio di svegliare il quartiere.
Gli avevamo gettato le chiavi di
casa e una caraffa di acqua gelida poi per un po' ci si era tolti il saluto.
Qualche settimana dopo Francesco
era tornato alla carica chiedendoci di organizzare una cena valtellinese per le
tre studentesse.
Sapientemente rifornito dalla mia
zia mi ero esibito in un’interpretazione che era stata giudicata magistrale dei
pizzoccheri; purtroppo il vino di Valtellina non era il Lambrusco e a metà
serata ci eravamo ritrovati la Giovanna in condizioni pietose.
Giovanna era una mora splendida;
dopo averla messa a letto amorevolmente, sommariamente vestita, e dopo aver
ripulito diligentemente la camera me n’ero innamorato perdutamente.
....
e una notte lasciasti portarti via,
solo la nebbia e noi due in sentinella,
la città addormentata
non era mai stata così tanto bella.
non era mai stata così tanto bella.
Una sera di giugno, qualche
settimana più tardi, complice un esame d’anatomia vittorioso e la disponibilità
estemporanea dell’automobile di mia madre, l’avevo invitata dopo cena;
ovviamente sola e da solo.
Avevo attraversato la città
deserta in trance, felice come può esserlo solo un giovane vincitore.
Il voto lusinghiero in anatomia
mi faceva sentire quasi medico, Leandro era stato rimandato, e l'immenso
orizzonte stellato della pianura si stendeva tiepido sulla bassa parmense solo
per noi.
In riva al Po avevo cercato di
baciarla.
Giovanna era scivolata dolcemente
dalle mie braccia; mi aveva confidato di essersi appena iscritta a Comunione e
Liberazione e di non essere interessata nè a me nè a nessun uomo.
Ero tornato in città furente, facendo stridere le gomme a ogni
curva e l’avevo depositata madida e pallida davanti al suo portone.
Mai più rivista se non in sogno.
Ma per molti anni.
Un anno dopo avevo incrociato
Piera in mensa.
Mi aveva rimproverato un po’
sarcastica – sarebbe stato bello, ma non l’avevi capito... – e avevo realizzato
che ogni lasciata è persa.
La Doblò corre lungo la Versilia. Le Apuane ferite sono le stesse
viste dall’aeroplano volando a Catania. Mi consolo pensando che questo è lo
stesso paesaggio che hanno abbracciato gli occhi di Michelangelo.
In fondo però continuavo a essere
uno studente di medicina. Non mi sentivo medico neppure a metà e neppure quando
frequentavo qualche corsìa d’ospedale d’estate, vestito di un camice di cui mi
sentivo usurpatore.
Ma poi cominciai a pensare a
Verona.
In quella città avevano aperti i
corsi paralleli dell'Università di Padova. Sarei stato più vicino a casa, avrei
visto meno nebbia, il monoblocco del Policlinico di Borgo Roma sembrava
invitarmi quando ci passavo dinnanzi percorrendo quell'autostrada che si chiamava "Serenissima".
E così decisi che mi sarei
laureato in Veneto.
(4 - continua)
3 commenti:
e in veneto comè andata?
In Veneto ho cominciato la mia lenta metamorfosi in una persona seria.
lenta metamorfosi??? va bhe !!!
Posta un commento