Ho sempre viaggiato molto, in assoluto
e in proporzione.
Dopo i cinque anni i miei genitori
hanno deciso che li avrei seguiti nei loro viaggi in Europa.
Così fino ai sedici anni mi sono
aggregato e ho conosciuto, all'alba degli anni sessanta, Svizzera,
Germania, Francia, Danimarca, Austria, Svezia e Jugoslavia.
Poi è venuta la passione per la
formula 1, ma era già ai tempi dell'università e viaggiavo da solo
o con chi mi capitava, quasi sempre maschietti purtroppo, e ho
rivisto Francia e Germania, aggiungendo Olanda e Belgio.
Poi ho iniziato a viaggiare più
lontano.
Ho conosciuto la tristezza infinita dei
paesi comunisti, la povertà assoluta delle favelas, la desolazione
di Sarajevo, la serenità del sud-est asiatico, gli orizzonti degli
States sul Pacifico.
Ma il primo amore non si scorda mai e
c'è sempre un po' di emozione quando attraverso la Svizzera.
Era un faro di civiltà e mi veniva
additata come la società del futuro: democratica, educata,
multietnica, ricca.
I prezzi erano convenienti e ci ho
passato diversi fine settimana.
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Autogrill svizzero |
Senza autostrade, da un passo alpino
all'altro, interminabili viaggi con migliaia di curve e tanti prati,
tante vigne, tante mucche frisone e pezzate.
Grandi laghi d'acqua dolce e gelida,
solcati da battelli bianchi con grandi bandiere rosse con la croce bianca.
Tanti ristoranti senza pastasciutta con
enormi bistecche e patate due volte al giorno.
Tante bibite dal sapore strano, sempre
un po' metallico e meno dolce della nostra aranciata Sanpellegrino
nazional-popolare.
Tanta birra sui tavoli, tanto burro
salato, salumi secchi e frutta smagliante senza sapore.
Verdure cotte e patate due volte al
giorno.
Un cerimoniale complesso per chiedere
il sale, evitare i gomiti sul tavolo e forbirsi la bocca prima di
bere e dopo aver bevuto a tavola con gli occhi degli adulti che
approvavano compunti e indulgenti.
Bandiere rosse con la croce bianca
davanti a ogni casa, assieme a tanti gerani e ombrelloni in riva ai
laghi.
Bagni puliti, caldi, odore di
disinfettante che avrebbe dovuto essere profumato e musica classica
durante la prima colazione.
Poi la globalizzazione è arrivata
anche in Svizzera.
La buona e rigorosa educazione mostra
qualche smagliatura; per le strade si sente episodicamente
strombazzare, orrore!
Qualcuno sgomma come a Milano e i
poliziotti non sono più così intransigenti.
Nei ristoranti i prezzi sono alle
stelle; ora ci sono comode autostrade e anche gli Autogrill sono
carissimi, ma hanno affrontato il problema alla radice e non ci si
trova una goccia d'alcol.
I prati sono sempre verdi, le mucche
sono molte di meno e il formaggio costa più del Parmigiano
stagionato tre anni.
Gli Svizzeri non hanno ancora deciso se
essere Europei e cosa fare da grandi.
Alla fine questo paese sembra pervaso
da una crisi d'identità che lo tiene sospeso fra un passato glorioso
e un futuro scomodo.
Dopo il traforo del Gottardo scorrono i
nomi dei miei primi viaggi fra un acquazzone e un piovasco.
Ertsfeld, Lucerna, Ergiswil, Goschenen,
lo svincolo per Interlaken e quello per Zurich.
Treni rossi, un tempo verdi, sfrecciano
o sfilano con lunghe teorie di carri merci mentre mi avvicino a
Basel.
Alla fine la frontiera della Germania è
quasi un sospiro di sollievo. Si torna in Europa, non mi guardano più
male gli euro e i suoi centesimi ma in ogni caso non è più la mia
Svizzera.