I casari erano gente rude. Dormivano
poche ore perchè verso le tre di notte iniziavano la scrematura,
donde il burro, e la caseificazione, donde il formaggio “di
latteria”, da non confondere con quello, molto più pregiato
“d'alpe”.
Qualche casaro durante il lavoro aveva
il vizio di cantare, con grande disappunto di chi abitava vicino alla
latteria.
Erano tempi in cui i rumori erano
considerati molesti.
Molesti al punto che un vicino
irascibile, il Giuanin, una notte era uscito inferocito con il fucile
da caccia e aveva sparato contro la finestra della latteria.
Era stato uno sparo dimostrativo, da
distanza ragionata e la gragnuola di pallini aveva solo crepitato
sui vetri.
Ma era stata una prova di forza
convincente e il casaro si era rassegnato a caseificare in
sostanziale silenzio per tutto l'inverno.
Ma il giorno si allungava. Da aprile a
maggio dopo il crepuscolo si respirava un'aria di erba fresca, di
campagna al risveglio, che giungeva a compimento nel mese dedicato
alla Madonna e alle sue devozioni, cui eravamo sensibili almeno
quanto le coetanee, anche se poi si restava fuori dalla chiesa ad
evitare l'affollamento e si preferiva la successiva, reiterata,
proterva, indaginosa e laboriosa ricerca dell'itinerario più lungo
per tornare a casa, anche questa cosa nota e tollerata con malcelata
benevolenza.
Ma proprio alla fine del mese di maggio
si chiudevano inesorabilmente sia le devozioni mariane sia la
latteria turnaria.
I solstizio d'estate ci trovava alla
ricerca spasmodica di un buon motivo per restare in giro “per
strada” dopo cena, alla ricerca di frettolose quanto caste
effusioni con le morigerate adolescenti del tempo.
C'era chi prediligeva prati e chi
boschetti ripariali. Personalmente amavo le case in costruzione, meno
romantiche ma sempre asciutte anche col maltempo e per nulla frequentate.
Ma torniamo alle nostre mucche e alla
chiusura delle latterie.
Le vacche salivano in alpeggio, almeno
quelle che non avevano già asceso i maggenghi.
Il concerto dei campanacci arrivava
improvviso in ora antelucana.
Il contrappunto erano le grida dei
pastori, molti improvvisati, che spingevano a fatica le bestie verso
i sentieri.
Oggi percorriamo mulattiere e sentieri
senza sentimento se non quello dell'inventarci un trekking da una
valle all'altra.
Non sono la stessa cosa.
La mulattiera era un sentiero per muli,
bestie da soma, dove la pendenza doveva essere costante, con spazi
per i mulattieri e fondo lastricato a piccola pietra, adatto a bestie
ferrate.
Il sentiero per l'alpeggio era spesso
sterrato per bestie senza ferri, desuete alla salita, e quindi con
necessari tratti pianeggianti e punti d'abbeverata frequenti.
Sbagliare strada voleva dire problemi
inenarrabili con bestie d'altri; mucche che prendevano l'abbrivio,
scivolando e precipitando dove capitava.
Niente da dire, le mucche segnavano le
nostre stagioni.
1 commento:
il mio caro papà,(casaro DOC!) cantava SEMPRE!!! Mi sembra ancora di sentirlo quando mi aggiro per le sue stalle.
E nella stalla in un angolo c'era sempre il mucchio di foglie che lui usava per fare il "letto" alle mucche, dove, bambina , adoravo sprofondarmi mentre gli facevo compagnia durante la mungitura...
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