11 luglio 2012

Linate, 10 luglio 2012


La costa siciliana scompare nella foschia e nella luce accecante di questo tramonto d'estate mentre quest' aereo vira sull'Etna e si avventa sulle Eolie verso Roma.
...nella foschia e nella luce accecante...
Un altro viaggio, un altro ritorno, ma non so più quale sia fuga, quale rifugio, quale ritorno.
Quel che è certo è che non ho ancora dato fondo ai progetti nè alle speranze e non so più cosa sia progetto, cosa appiglio e cosa speranza.
Fiumicino è rutilante, formicaio impazzito di gente che, come me, teme di non prendere più coincidenza.
E infatti sono l'ultimo a salire sul fiammante bimotore brasiliano che mi porterà a Milano.
Per finire a Linate.
L'avvicinamento é suggestivo, ti sembra di entrare dentro Milano, un po' come arrivare al vecchio aeroporto di Tegel a Berlino, ai tempi del muro e dei Russi.
Berlino brillava da lontano mentre si sorvolava la buia e lugubre Germania comunista.
Poi però a Milano cambia.
Agli arrivi c'è ancora un po' di gente; al piano delle partenze di sera Linate è triste e buia come stazione ferroviaria. Dopo le 21 chiudono i negozi, poi i bar, poi rimane qualche questurino che si attarda nell' atrio deserto e credi di essere fuori tempo per tutto.
Questa sera all'uscita tre, aspettando lo shuttle del parcheggio, altre quattro o cinque persone in attesa di altri shuttle. Sciamano sollevati.
Qualche operaio fa sferragliare un improbabile carrello per tracciare una segnaletica di divieti.
Poi, seduta su un giallo panettone di cemento, smartphone economico ma giusto per darsi un contegno, una giovane donna; bella; gonna troppo corta e sandali di cattivo gusto, aspetta un uomo, fidanzato, marito o padre, che la porti lontano dalla pioviggine.

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