29 marzo 2020

Già refoli inquietanti


Natale 2014 - Stuttgard
Come tanti di noi sono infastidito per questo ritornello di medici e infermieri eroi.
Siamo sempre stati questi. Durante il terremoto in Friuli, parlo del 1976, siamo andati in prima linea alla rinfusa. La Protezione Civile era un concetto platonico e la Sanità Militare una struttura farraginosa, composta da burbanzosi incompetenti impastoiati da ordini e contrordini.
Nei campi di tende giravano scatolette di carne grigioverdi confezionate prima della guerra.
Dieci anni dopo ci fu l’alluvione in Valtellina. C’era la Protezione Civile, finalmente; c’erano gli elicotteri dell’Esercito, finalmente; ma dentro e fuori le ASL e nelle piazze valtellinesi c’era solo la corsa di direttori, amministratori, sindaci e prefetti a farsi intervistare dalle tre reti Rai per sciorinare luoghi comuni e falsità.
Quello che sta succedendo ora lo sappiamo, inutile scriverlo: finalmente siamo tutti eroi.
Non ci sto.
Resta l’amaro in bocca di tante denunce per malasanità, per omissioni, per negligenze. Resta la volgarità di avvocati appostati fino a ieri fuori le portinerie degli ospedali a porgere discretamente biglietti da visita.
Resta la sicumera e l’incompetenza di giudici in cerca di visibilità e di un quarto d’ora di celebrità per festeggiare, sì festeggiare, proprio così, morti ineluttabili. 
Adesso cosa c'è da festeggiare, da risarcire, da condannare?
Il mio ospedale, dove ho trascorso la parte più bella della mia vita, è un lazzaretto dove si va a morire e ogni sirena che sento è una lacerazione dentro. E adesso ci applaudono?
Non ci sto.
Non lascerò il mio posto ora, ma se sarò ancora qui, alla fine di questa emergenza mi ritirerò in buon ordine, prima che riprenda il turbine di cui si sentono già refoli inquietanti.
Se potrò cercherò di dimenticare; non avrei mai creduto di finire così la mia vita professionale.

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