Gravedona, alto Lario occidentale,
cielo coperto; pioviggina a tratti; pressione atmosferica 1014 mb, in
aumento,quindi nel pomeriggio il tempo dovrebbe migliorare;
temperatura 12°c; umidità relativa 89%. Non c'è vento, oppure si è
bloccato l'anemometro.
Intorno
a plaza de Cataluna tutti sembravano muoversi incalzati da un
problema da risolvere. Nessuno aveva l'aria di passeggiare per
godersi la città. Un'intera folla si spostava da un punto all'altro
con la determinazione indifferente dell'abitudine. Infante gettava
intorno occhiate sdegnose: impiegati, commercianti, militari,
massaie..., prototipi replicati fino alla nausea che si aggiravano
come morti in vita.
Alicia Giménez-Bartlett – Dove
nessuno ti troverà – Sellerio Editore, Palermo – 2011, pag 17.
La
questione è vecchia quanto il mondo; ogni giorno indossiamo una
maschera e a carnevale ce la togliamo, oppure è l'esatto contrario.
Oppure
usiamo ogni giorno una maschera rituale di cui siamo schiavi e in cui
ci rifugiamo come in un porto sicuro.
Ieri
pomeriggio mi aggiravo per i corridoi dell'amministrazione del mio
ospedale e mi sentivo insolitamente a disagio.
Improvvisamente
l'illuminazione: non avevo il camice. Ecco l'origine del mio disagio.
A
mia volta ho allora una maschera, uno stereotipo di cui sono schiavo; senza
il mio camice mi aggiro imbarazzato persino per le corsìe
dell'ospedale dove lavoro!
Oggi
le maschere sono molte, e così gli stereotipi.
Gli
studenti che scendono dalla corriera hanno tutti le stesse scarpe,
gli stessi jeans, lo stesso gel sui capelli; indossano una divisa
come i piccoli cadetti di Guascogna.
Come
gli impiegati di banca, le segretarie degli avvocati e i Milanesi in
vacanza.
1 commento:
ottima riflessione,siamo tutti schiavi di noi stessi.
Posta un commento