23 ottobre 2011

Roma, toccata e fuga



Temevo di scendere con l' Embraer 170, il piccolo apparecchio dell'Alitalia che sobbalza per tutto il viaggio e concilia il sonno ma non la lettura, invece è un fiammante Airbus 319 che mi aspetta nella foschia di Orio al Serio per volare a Roma.
Fiumicino di prima mattina trabocca e mi attardo nell'attesa del treno. E' vero che sono in missione ufficiale e che mi rimborseranno il viaggio, ma so già che il taxi è off-limits.
Ma in realtà se il bagaglio non mi impiccia, e non è il mio caso questa volta, preferisco treni e mezzi pubblici che mi permettono di assaporare colori (e talvolta ahimè odori) della città e della sua gente.
Il Colosseo
E infatti in rapida successione treno, poi tram fino a Largo Argentina poi autobus affollatissimo sino all'inizio di Via Nazionale.
Scendo davanti alla Banca d'Italia e mi interrogo: dove sarà il numero 172? In quasi tutte le città i numeri pari sono su un lato e quelli dispari sull'altro, a parte Genova dove i numeri invece si dividono in pari, dispari, neri e rossi, ma tal'è, nel dubbio chiedo a un giornalaio.
Evidentemente l'uomo è nuovo nel suo chiosco e infatti mi spedisce dalla parte opposta.
Quando me ne rendo conto sono ormai alla fine del corso; attraverso non senza pericolo e mi rifaccio tre fermate di autobus in senso inverso.
La riunione della Fimeuc (Federazione Italiana della Medicina di Emergenza, Urgenza e Catastrofi) avrebbe dovuto cominciare alle 10; salgo l'ascensore del numero 172 e scopro che siamo a Roma, quindi la riunione inizierà verso le 11.
La pediatria, si sa, è la cenerentola della medicina, quindi attendo pazientemente e ascolto diligentemente le relazioni del presidente e del segretario (che sono in realtà due belle signore) e finalmente, verso le 15.10, dopo qualche tartina e qualche panino imbottito, faccio il mio breve intervento.
La riunione finisce presto; c'è ancora il sole; precauzionalmente ho prenotato l'ultimo volo per Bergamo, quindi ho tutto il tempo per una passeggiata.
A piedi mi avvio verso Piazza Venezia, poi prendo Via dei Fori Imperiali verso il Colosseo.
Comitive di orientali, cinesi, giapponesi e vietnamiti si aggirano con l'obiettivo famelico della compatta digitale, frastornati dalla storia, dalla leggenda e dalla guida inflessibile con l'ombrello chiuso teso al cielo che li guida.
Suore, preti e altri religiosi dalle tonache improbabili passeggiano sorridenti.
Poveri diavoli vestiti da guerrieri romani propongono foto ricordo molto kitch adocchiando sapientemente turiste che sperano sprovvedute.
Ambulanti romaneschi e nordafricani propongno panini, bibite, gelati, cappelli, magneti, santini, magliette sgargianti e bandiere tricolori.
Scholar Lounge Irish Pub
Tutto sommato non appartengo evidentemente al tipo abbordabile quindi mi rilasso senza nessun tentativo di approccio.
Alla fine mi infilo nella metropolitana, poi prendo un autobus e giro senza meta. Alla fine mi ritrovo davanti a Palazzo Venezia.
Mi incammino verso Largo Argentina e vengo bloccato su un marciapiede da uno stuolo di questurini e carabinieri che bloccano il traffico e liberano la strada.
Evidentemente è in arrivo una personalità molto importante, forse lo stesso presidente del consiglio. Spero di avere saliva per sputare al suo passaggio.
Invece preceduto da una decina di poliziotti in motocicletta e qualche gazzella, in un tripudio di lampeggianti e sirene, passa la Mercedes grigia del Papa, diretta all'aeroporto.
Esplodono applausi, specie dai turisti stranieri assiepati e costretti sui marciapiedi. Tiro un sospiro di sollievo, tutto sommato non ho fatto un brutto incontro e mi infilo in un pub che ha l'aria di essere irlandese sul serio. E infatti è vero.
Ristorato da una Guinness alla spina, spillata con arte consumata, mi avvio verso Largo Argentina.
Il tram numero 8 mi riporta alla stazione di Trastevere e al mio treno locale per Fiumicino.
Il resto è senza storia.
Quando l'Airbus tocca terra sobbalzando e il sibilo dei turbofan si spegne lamentosamente a Bergamo piove, sono già le 23 e i colpi di sonno mi accompagneranno fino in cima al mio lago.


Riflessioni su pistacchi e barocco


Misterbianco e Paternò si stendono sotto l'Etna
Il mio amico Nino
Passano giorni e settimane; lavoro indemoniato; sono tornato a Roma; fra poco ritornerò a Catania; il biglietto già scricchiola in tasca, no ahimè, troppo poetico, però sta già nella casella e-mail in attesa del web check-in.
A Catania ho conosciuto finalmente Nino Meli, un amico di blog che all'inizio credevo fosse solo virtuale.
Invece c'è in carne ed ossa; ama i laghi, ha vissuto sul mitico Bodensee, fra Germania, Austria a Svizzera prima che la nostalgia della sua Montagna lo riportasse a Bronte.
E così, dopo i commenti a tante mie fotografie del mio Lago, ci siamo ritrovati alla pasticceria Privitera per scambiarci una bresaola contro un assortimento di dolci al pistacchio inimmaginabili.
Memorabile un biscotto di cioccolato fondente con ripieno di pistacchi, ma anche un croccante di Bronte che ho centellinato per una settimana.
Purtroppo le sonde ecografiche sono state tiranne e mi hanno lasciato poco tempo.
In effetti scopro di amare questa città ma la mia conoscenza è fatta di scorci e lampi fugaci, una volta con un amico, una volta con un collega, quando posso con la timida caposala del Pronto Soccorso Pediatrico del “Vittorio”, che mi vizia durante tutta la giornata; probabilmente teme che possa deperire.
Ma in fondo non ho mai amato il barocco di cui la città trabocca e forse preferisco i Catanesi a Catania (3 - fine).

11 ottobre 2011

All'ombra della Montagna


Le case con le ringhiere si affacciano su strade dissestate; gli anziani guardano la vita scorrere dalla finestra; i cartelli annunciano vendite e affitti di appartamenti improbabili che sfidano ogni criterio di abitabilità.
Davanti a ogni scuola una babele di automobili, quai ammaccate, quali tirate a lucido, l'importante è non far camminare il frutto del remoto concepimento per più di duecento metri.
E dovunque automobili che guizzano che sterzano, che si accordano sulla precedenza con sguardi d'intesa incuranti del codice stradale e dei vigili assorti e impassibili.
I quartieri residenziali hanno portoni che si aprono su cortili ordinati dove poche automobili parcheggiano silenziose e privilegiate.
Motociclette, scooter e motorini, una volta liberati dai doppi lucchetti durante la sosta, sciamano e si insinuano sorpassando da tutti i lati per svicolare all'ultimo momento in un incrocio.
Seri professionisti una volta raggiunto il timone del suv si trasformano e assumono l'arroganza al volante dei taxisti serbi.
Nei ristoranti anche lo straniero viene accolto con la cordialità del cliente abituale a Milano, mentre il cliente abituale viene trattato come uno di famiglia.
Nei caffè e nei bar, che traboccano di arancini,cipollina, cornetti e brioches si ha spesso l'impressione di essere attesi e mai sopportati.
Ma dove siamo? A Catania! (2 - continua)

08 ottobre 2011

Ritorno a Catania - 1


Sono passati quasi dieci mesi da un giorno in cui avevo pensato che non sarei più ritornato in Sicilia.
Invece mi trovavo a Roma impaziente di ritornare all'ombra, si fa per dire, della Montagna, da cui sono mancato per quasi due mesi.
L'apparizione di Lipari all'oblò mi ha riportato l'emozione della prima volta, l'ansia di virare attorno all'Etna mentre l'Airbus plana verso il mare.
Sarebbero stati tre giorni e non potevano iniziare meglio di una cena a Miterbianco con il Mitico Arturo, Licia, Sara la caposala-bis, e il mio nipotino acquisito Teo, che ha festeggiato lo “zio Paulo” dimenticandosi pure di mangiare...
Che dire se non che ogni volta conosco qualcuno in più ed è sempre qualcuno che merita di essere conosciuto.
Sono stati tre giorni memorabili; ce ne sarebbero da raccontare (1 - continua).

07 ottobre 2011

Roma

Ritorno a Roma, e a questo blog, dopo un’infinità di tempo.
La scusa era quella di rivedere un’amica di libri, ma poi ho pensato bene di metterci in mezzo una visita al Policlinico Umberto I per parlare di ecografia.
Roma non è migliorata negli ultimi anni.
Cerca sempre di assomigliare a Milano perdendo i suoi pregi e assumendo tutte le connotazioni negative della metropoli lombarda.
A Milano il traffico è più ordinato, ma la maleducazione è più o meno la stessa di Roma.
Le metropolitane si assomigliano, ma quella di Roma costa di meno.
A Milano sgommano, a Roma strombazzano (e non poco).
A Milano ci sono un sacco di bancari tutti vestiti uguali che si mescolano con gli operatori di borsa e i giovani rampanti dirigenti.
A Roma è la stessa cosa, ma fra questi sfigati con il blazer ci scappa qualche onorevole “gregario”, di quelli che non sanno nemmeno quanti ne hanno in tasca, ma tanto servono solo a dare il voto, di maggioranza o di minoranza quando c’è la “Fiducia”, per il resto potrebbero stare a casa e non se ne accorgerebbe nessuno.
Il bed & breakfast prenotato dall’amica di libri è sostanzialmente alienante, ma la tenutaria non è romana, sibbene genovese.
Il “bed” è un divano letto troppo alto e molto impolverato. I cuscini sanno di polvere; le lenzuola, di terital, sanno di polvere; dovunque c’è polvere.
Trovo una “ciabatta” per caricare il cellulare, poi devo lavarmi le mani impastate dalla morchia secolare.
Il “breakfast” è all’altezza: caffè o the e pane azzimo e raffermo.
Chiedo un po’ di latte ma non ce n’è perché la tenutaria non ne beve.
Niente prosciutto, niente formaggio, niente uova strapazzate, solo un barattolo di marmellata d’albicocche “primo prezzo” con monoporzioni di… margarina.
Fuggiamo dalla Repubblica Democratica Tedesca degli anni ’60 e ripariamo nel Hotel Globus Best Western a pochi passi dal Policlinico e dalla Metropolitana; dove si era prima non passavano nemmeno i  tram…