01 dicembre 2019

Mi-To economico

Monte Rosa e risaie

Regionale Milano Torino. Per un’altra delle tante volte ho preferito il treno.
L’alta velocità costa tantissimo: un costo esagerato e l’automobile è molto più conveniente.
La strada ferrata da Milano a Torino attraversa la pianura passando in mezzo a risaie mentre all’orizzonte scorrono le montagne innevate più belle delle Alpi, o comunque quelle che mi ricordano di più la geografia studiata come si usava tanti anni fa.
Scelgo il treno regionale a buon prezzo, sperando di godermi un po’ il paesaggio.
Usciti dalle volte metalliche di Milano Centrale si scivola presto di fianco al mitico Ospedale Niguarda per poi arrivare a Rho guardando i padiglioni dell’Expo e tutto quello che è sorto nei loro dintorni.
Guardo sorridendo fra me e me lo skyline della speculazione edilizia meneghina che ha segnato il tramonto politico ma non economico di qualche faccendiere.
Il treno è piuttosto sporco e maleodorante, come d’uso.
Naturalmente molto affollato, visti i costi dell’Alta Velocità, e tutti sono chini sullo smartphone tranne quelli che con le cuffie dello smartphone tentano di dormicchiare.
Mi ero proposto di lavorare un po’ sul pc, mi sono portato il fedele Mac, che si manovra meglio con poco spazio a disposizione, ma manca assolutamente un tavolino e il suo destino è rimanere nello zaino a far compagnia alla fotocamera.
Di fronte ho due studenti, parlavano di lezioni e di esami, quando sono saliti.
Poi si immergono nelle cuffie, scambiandosi messaggi laconici sulla musica che stanno ascoltando; quello vicino al finestrino segue anche le immagini sul piccolo schermo, l’altro con gli occhi chiusi segue il ritmo dondolando la testa, ma a volte anche le spalle.
Passa Magenta e prima di Novara iniziano le risaie.
Torino Porta Nuova
Il Monte Rosa è
immobile sullo sfondo mentre a fianco della ferrovia scorrono strade locali deserte che incrociano altre strade più larghe con auto rare e qualche trattore.
Scorre rapidamente un’Italia di provincia che sta scomparendo: scheletri di fattorie isolate, case di ringhiera prima delle fermate impresenziate, nugoli di colombi sui tetti di coppi indifferenti allo sferragliare, binari morti in disarmo in ogni stazione, qualche capannone diroccato e abbandonato ricorda un lontano miracolo economico.

Alla fine mi assopisco mio malgrado, cullato dall’atmosfera pigra della provincia e mi riscuoto a Chivasso dove la torre dell’acqua altissima ricorda uno stabilimento Lancia durato solo qualche decennio, come tutte le auto Lancia globalizzate da tanti anni in mamma Fiat, forse matrigna.
Poi la ferrovia entra in un tratto sotterraneo e ci sottrae i sobborghi di Torino per sbucare prima a Porta Susa e poi a Porta Nuova, in un trionfo di liberty pretenzioso.