12 ottobre 2015

Non è mai troppo tardi [forse]



Parto mercoledì per un convegno nazionale di una società scientifica cui appartengo sin dalla fondazione, anzi, forse ci ho messo un piccolo contributo.

Da una trentina di anni giro un po’ il mondo dei congressi  e qualche [amara] riflessione sull’attività accademica ci sta bene.

In Francia se sai fare bene qualcosa te lo riconoscono; ti fanno pubblicare qualche lavoro, magari un libro. Se si accorgono, e si accorgono normalmente, che guadagni molto, ci pensa il fisco a ridimensionare la tua autostima.

In Germania se sai fare bene qualcosa te lo riconoscono; ti lasciano pubblicare qualche lavoro e ti retribuiscono profumatamente. Devi conoscere [lingua] usi e costumi e assimilarli.

In Gran Bretagna e negli Stati Uniti se sai fare bene qualcosa ti chiamano a lavorare; si prendono cura della tua autostima con pubblicazioni e retribuzioni; devi solo stare attento al fisco perchè se sgarri diventi un delinquente.

In Italia se sai fare qualcosa diventi oggetto e bersaglio di invidia. Pubblicano solo qualcosa di indispensabile e cercano di farti lo sgambetto ad ogni congresso. La tua autostima è messa a dura prova quotidianamente dagli appartenenti a lobby e cosche.

Ne puoi uscire solo affiliandoti a società scientifiche internazionali e trasversali. Forse l’ho capito troppo tardi.

Parto mercoledì per un convegno nazionale di una società scientifica cui appartengo sin dalla fondazione, anzi, forse ci ho messo un piccolo contributo. “Non è mai troppo tardi” è stata una trasmissione di successo.

03 ottobre 2015

La vita è un viaggio



Aeroporto Vincenzo Bellini di Catania, anche se tutti lo chiamano ancora Fontanarossa.
Arrivo ai varchi un po’ in anticipo, non mi è molto abituale. Proprio per questo, riflesso condizionato, cerco automaticamente la fila più corta: è la “e” dove armeggia solitaria una coppia anzianotta.
Mi metto ordinatamente in coda e con gesti automatici slaccio la cintura, sfilo l’orologio, cerco in tasca le monete da togliere, butto il trolley sulla mensola per estrarre l’ecografo come da regolamento.
Catania Fontanarossa
La coppia continua ad armeggiare.
Lei e lui hanno da poco passato la settantina e il passaporto li qualifica per Danesi.
Lui è impacciato, forse non viaggia spesso in aereo, o forse è impacciato di suo.
Lei lo sa, che è impacciato, e gli dà ordini perentori con cipiglio imperioso. Lui cerca di obbedire e afferra ora un oggetto ora l’altro e continua ad aspettare ordini, mansueto, occhi bassi.
Lei sempre più imperiosa e corrucciata non smette di dargli ordini, ma non sa assolutamente cosa fare, forse anche lei non vola spesso,  anzi ne sono sicuro.
E così armeggiano da qualche minuto passandosi da una mano all’altra portafogli, monete, occhiali, senza decidersi a riempire la bacinella da infilare nelle fauci fameliche del tunnel a raggi x mentre il tapis roulant aspetta cigolando sommesso.
Intanto si è formata una bella file; io tossicchio discreto, ma il popolo dei Catanesi volanti dietro di noi non è altrettanto diplomatico.
Alla fine, attratto dalle esclamazioni colorite, un addetto esce dai varchi, prende sbrigativamente dalle mani della coppia mazzi di chiavi, occhiali da sole, monetame e orologi, li butta nella bacinella e spinge deciso gli sprovveduti attraverso i varchi.
Lui sorride grato,  lei continua a berciare torva.
La fila si ricompone.
La vita è un viaggio.