26 novembre 2017

La scarmigliata



L’ambulanza correva nella notte risalendo la litoranea verso l’ospedale di Topolinia.
La strada era libera ma la sirena ripeteva in sequenza sincopata le sue note fa e la.
Nelle strettoie l’eco le rimandava amplificate mentre le barre stroboscopiche sciabolavano livide gli intonaci scrostati.
Il suono sincopato della sirena molceva l’autostima dell’autista che rimpiangeva il ronzio delle vecchie luci rotanti che accompagnavano il sibilo lacerante delle vecchie sirene a fischio.
Quelle sì che facevano tanto ponte di Brooklyn, ma erano state inesorabilmente messe fuorilegge dalla Comunità Europea.
Come Dio volle l’ambulanza infilò il corridoio asfaltato che portava alla camera calda del Pronto Soccorso.
Dalla porta posteriore scese una giovane donna scarmigliata con un lattante in braccio.
Dalla porta esterna entrò pallido il marito, e forse padre del piccolo, che aveva seguito con la sua auto la corsa dell’ambulanza rimediando insulti irripetibili dopo aver attraversato due incroci con il rosso.
Due piani più in alto il vecchio pediatra ascoltava in cuffia un Mozart suonato da Mitsuko Uchida con aria assorta e tentando di leggere qualche abstract di aggiornamento.  
L’infermiera lo riportò bruscamente alla realtà annunciando l’arrivo di un lattante con trauma cranico mentre le giovani dottoresse erano alle prese con un parto.
La scarmigliata con il lattante in braccio aspettava piangendo mentre il marito, insolitamente con giacca e cravatta, cercava di consolarla.
Avvocato, commercialista o bancario – pensò il vecchio fra sé e sé.
Cos’è successo? – Esordì.
Mi è caduto dal letto! – Piagnucolò la scarmigliata.
Ah pota! – Rispose il vecchio -  e dove ha battuto?
E’ caduto con la testa indietro, lì - spiegò la mamma, indicando l’occipite.
Brutto trauma quello occipitale – imprecò il pediatra – ma com’era il pavimento? Parquet? – sperò il medico – oppure marmo, moquette, o linoleum?
No – rispose la scarmigliata – non è caduto a terra, è caduto su un pacco da cinquanta pannolini che avevo appena posato sul pavimento – ma mi sono spaventata molto e ho chiamato l’ambulanza.
Il medico fu tentato di ridere o di piangere ma non sapeva come l’avrebbe presa il signore in giacca e cravatta che aveva tutta l’aria di un leguleio.
Si limitò a fare un’ecografia transfontanellare perfettamente inutile mentre il lattante non smise un attimo di gracchiare come una ciaula dell’entroterra nisseno.
Poi fu di nuovo Mozart.