30 agosto 2011

Roll'n Biergarten a Bad Gögging



Riprendo a scrivere dopo il rientro; non c’è stato più tempo per farlo in viaggio.
L’ultimo giorno in Germania si è chiuso al Roll’n Biergarten di Bad Gögging.
Un grande prato con tavoli di legno verniciati  in arancione e lunghe panche dello stesso colore. Quattro finestre con un banco al posto del davanzale; una per ordinare quattro/cinque tipi di birra; una per ordinare qualche piatto di circostanza, come bratwurst e crauti oppure un paio di uova fritte con pancetta e patate.
Le ultime due finestre per riportare boccali vuoti e piatti sporchi; tutto rigorosamente nella filosofia del “serviti da solo e divertiti”.
Il biergarten è un po’ la versione tedesca delle vecchie osterie di paese, ma qui la tradizioni sono dure a morire.
Ai tavoli sempre belle compagnie miste devotamente votate a vuotare boccali su boccali, cantare e farsi delle grasse risate.
Decisamente di tratta di un comodo ripiego per trascorrere una serata in allegria e a buon mercato, dove i turisti sono rari ma non disdegnati e spesso invitati ad aggregarsi a qualche tavolata delle più chiassose.

26 agosto 2011

La scomparsa di Omber di Domenico Cacopardo

 
More about Agrò e 
la scomparsa di OmberAvevo letto, ma alcuni anni or sono, alcune opere di questo autore: “Le endiadi del dottor Agrò” e “Cadenze di inganno”.
Romanzi avvincenti, polizieschi nostrani di grande respiro.
Poi quest'anno è uscita la prima indagine di Italo Agrò: “Agrò e la deliziosa vedova Carpino”, un po' improbabile, un po' inverosimile, non molto spontaneo e con una scrittura priva della freschezza e della spontaneità cui mi avevano abituato i romanzi che avevo letto.
In quest'ultimo libro, che di fatto è il proseguimento della prima indagine del magistrato siciliano protagonista, la trama è corposa.
Le vicende narrate, un po' squallide, un po' grevi, sono vissute da personaggi tratteggiati un po' banalmente, quasi stereotipi di figure negative del nostro recente passato che si situa poco prima del tracollo della prima repubblica.
Ma la figura che ne esce male, al limite dell'antipatia, è il giovane Sostituto Procuratore protagonista: Italo Agrò.
Giovane magistrato rampante, supponente, presuntuoso, arrivista, arrogante al limite della maleducazione, non si rende simpatico che a sé stesso.
Convinto e compiaciuto di possedere una cultura umanistica soprattutto da esibire, si dedica bene e da par suo solo alla frenetica attività sessuale con un'insegnante di matematica insaziabile.
Insomma, se Domenico Cacopardo voleva farci conoscere un protagonista antipatico c'è riuscito alla grande.
Se ci sarà un seguito spero che nel prossimo romanzo qualcuno in grado di farlo senza conseguenze, si alzi silenziosamente e prenda a schiaffi questo pirla di un Siciliano che non rende onore alla sua isola, che io amo e che è fortunatamente abitata da gente simpatica e generosa.

24 agosto 2011

Weltenburg e Kelheim


Il battello inbocca la gola
Il monastero di Weltenburg
La ciclabile del Danubio è qualcosa di più di un classico. Ogni cicloturista non si sente completamente tale se non ha pedalato “almeno” da Passau a Vienna.
Finora dalla sorgente ero arrivato sino a Budapest, poi i tempi e i luoghi non consentivano un viaggio sicuro e mi ero rivolto ad altri fiumi: il tranquillo Reno e il romantico Elba.
Quest'anno celebro il ritorno in sella, almeno formale, e quindi, di passaggio in Baviera, non ho resistito a un breve pellegrinaggio lungo le rive del Grande Fiume.
La discesa del Danubio da Ulm verso Ratisbona solitamente si arresta a Weltenburg.
Il Danubio si infila in una gola di alcuni chilometri sino a Kelheim e di dovrebbe aggirare l'ostacolo con una salita fra i boschi di conifere che ricoprono i versanti della gola fra uno strapiombo e l'altro.
Kelheim alla fine della gola
In realtà è molto più comodo caricare le biciclette sul battello poco dopo il monastero di Weltenburg e farsi portare a valle.
Non è solo un problema di comodità, ma anche di storia. I battelli carichi di sale risalivano la corrente trainati da cavalli che percorrevano il sentiero sulla sponda destra del fiume e il battello è una buona occasione per rifare il percorso a ritroso, immaginando storie di confine.
E non era un confine da poco; qui la sponda destra era il “limes”, il confine dell'impero romano e della civiltà latina.
Sulla sponda sinistra iniziava la terra sconosciuta, da cui i flussi migratori dal nord e dall'est premevano per dilagare, per conquistare una vittoria militare e alla fine per rimanere conquistati, questa volta dalla cultura, dal corpus juris e dalle religioni che stavano al di qua.

23 agosto 2011

Alte Taverne a Bad Füssing



Il nome l'ho trovato su Tripadvisor; non avrei potuto trovarlo in altro modo visto che il ristorante è decentrato, all'estremità di una frazione, Würding, lontano dagli stabilimenti termali e dalla pista ciclabile dell'Inn.
La taverna è ospitata in una casa almeno seicentesca, con grossi muri e una grande, rassicurante, porta di legno massiccio.
All'interno si vedono alcune sale con tavoli pesanti e legno alle pareti.
Vista la stagione mi sono sistemato in giardino. Servizio molto sollecito, forse un po' sbrigativo, disimpegnato da un signora che forse è la proprietaria e da una giovane bionda statuaria e sorridente.
Grande scelta di birre, in bottiglia e alla spina, fra cui un'immancabile weissen, una lager vellutata e una scura che non sono riuscito ad assaggiare.
C'è anche una sommaria carte dei vini sui quali mi manca assolutamente la competenza in terra di Alemagna.
Buona scelta anche di piatti con un menu dettagliato e suddiviso in piatti del giorno, specialità bavaresi, piatti di pesce e piatti vegetariani, senza dimenticare le insalate e l'angolo dei bambini.
Un eccellente rapporto qualità/prezzo, ma soprattutto la giusta atmosfera della Baviera, senza indulgere a banalizzazioni e globalizzazioni, come ci si potrebbe aspettare, e forse anche perdonare, in una stazione termale così famosa.
Unico difetto: non accettano alcuna carta di credito.

Voti: Cucina 9, Cantina 9, Cortesia 9, Rapporto qualità/prezzo 10. Da ritornare.

Passau


L'Inn danti a Schnelldorf
Schärding spiraleggiante
Dopo tre anni si riprova a pedalare. La base, Bad Füssing, non ha ferrovia, quindi decido per Antiesenhofen, un paesino sulla sponda austriaca dell'Inn, dove lasciare l'automobile a scanso di equivoci e disgrazie.
D sempre, quando viaggio in bicicletta, soprattutto all'estero, mi tengo una ferrovia di sostegno per ogni ritorno intempestivo, incidente o defaillance fisica improvvisa.
E mantengo fortunatamente questa abitudine.
Quindi partenza sotto un sole mattutino che promette di scaldare da par suo.
Tutto abbastanza bene sino a Schärding, con qualche saliscendi per lo più in vista del fiume.
Poi, con un errore clamoroso, passo sulla sponda sinistra dell'Inn.
Il fiume imbocca un tratto stretto fra colline verdeggianti e lussureggianti, mentre la ciclabile si trasforma in un saliscendi sterrato di una decina di chilometri
Davanti alla locanda
del tiglio millenario
La Scenic Pearl risale il Danubio
La mancanza di allenamento si fa sentire presto ma finalmente, sotto il castello di Neuburg, trovo un ponte che pota a Wernstein.
Sono le 13 e una gasthof austriaca si trasforma in un luogo di delizia.
La prima birra finisce prima che la ragazza ai tavoli ritorni per l'ordinazione. Il menu è allettante e mi attira un piatto di knodeln serviti con qualcosa che non riesco a tradurre.
Infatti è una zuppa densa di milza, polmoni e lingua, per forza costava meno di sette euro.
Fa niente: è buonissima e richiede un'altra bella birra.
Finalmente rinfrancati ripartiamo alla volta di Passau.
Non c'è quasi più storia; la ciclabile corre sulla sponda destra del fiume, parallela alla ferrovia, a tratti nel bosco, a tratti fra campi di mais e frutteti.
Il sole dardeggia implacabile ma si arriva facilmente a Passau.
Breve pellegrinaggio alla confluenza dei due fiumi.
L'Inn chiaro degli innumerevoli ghiacciai delle Alpi si stempera nel Danubio che incede lento e scuro dalla Svevia.
Sembra di aver attraversato la Baviera, invece sono solo 35 chilometri!
Non resta che tornare cambiando a Schärding alla fedele Doblò che attende sapiente l'arrivo dell'automotrice alla stazioncina di Antiensenhofen.

21 agosto 2011

Bad Füssing


Zipfer, la migliore delle austriache 

Bad Füssing è una delle più famose stazioni termali della Baviera e dell'intera Germania; le sue acque conosciute dai romani, sono preziose per la patologia articolare. Un valore aggiunto è che si trova in riva all'Inn, sulla sua famosa pista ciclabile, a 5 chilometri dal confine austriaco e a 30 chilometri da Passau, dove l'Inn confluisce nel padre Danubio.
Mulino a Bad Füssing 

Era molto tempo che non tornavo in Germania e non mi ricordavo bene.
Bad Füssing è una piccola cittadina termale; non è molto diversa dalle altre cittadine vicine.
Il centro è pedonale, e nessuno si sogna di entrarci con l'auto; nessuno gira in motorino senza casco, nessuno imbocca i sensi unici contromano; nessuno usa l'automobile per andare a bere un birra a duecento metri da casa (e così si può bere anche qualche birra in più).
Per terra non ci sono cartacce e ogni casa ha i suoi bidoncini per la raccolta differenziata dei rifiuti. Sembra che tutti paghino le tasse; compresa la chiesa cattolica, quella evangelica e pure la moschea quando c'è.
Ci sono piste ciclabili, ci sono boschi, ci sono giardini pubblici, quasi tutta la gente è in giro alla domenica senza rompere le scatole al prossimo.
Festa della birra dietro al municipio
Ci sono due partiti, uno si professa di “destra” e l'altro di “sinistra”. Si contraddicono, si insultano e qualche volta, dopo avere bevuto molte birre, probabilmente i sostenitori di questo e di quello passano i limiti della buona educazione.
Poi tornano tutti a lavorare perchè a lavorare si guadagnano tanti soldi che poi si possono spendere.
Però c'è un patrimonio politico e culturale condiviso da tutti.
Tutti o quasi tutti sono abbastanza d'accordo sulla tutela dell'ambiente e sul rispetto reciproco.
Tutti o quasi tutti ridono quando sentono nominare Berlusconi; nessuno o quasi nessuno ride quando si parla di comunismo, perchè ce l'anno avuto in casa.
A questo punto mi chiedo, se ci sei Ulrich rispondimi tu, ma perchè i Tedeschi vengono in vacanza in Italia?

15 agosto 2011

Il cielo sopra Berlino (Ponte di ferragosto 2011 - 3)


Prosegue questo ponte di ferragosto 2011.
Ieri mattina tranquilla, addirittura una puntata in bici sul Sentiero Valtellina per saggiare le gambe in vista della prossima settimana germanica.
Naturalmente il pomeriggio l’ho pagata con una sarabanda di visite e consulenze di Pronto Soccorso.
Per fortuna le mie compagne di viaggio, infermiere e dottoressa, non si lasciano facilmente scoraggiare.
La serata c’erano i fuochi d’artificio di Gravedona. Sin dalle 19 ha iniziato ad affluire gente sul lungolago lasciando le automobili dappertutto.
Parcheggio dell’ospedale occupato, con buona pace per chi doveva fare il turno di notte e ha bestemmiato un parcheggio di fortuna.
Automobili nei parcheggi dei condomini, contromano, davanti ai cancelli; mai vista tanta gente.
Serata magnifica, divertente e spensierata; sagra del divieto di sosta e festa grande per i Vigili Urbani e probabilmente anche per le casse del Comune.
Chissà che si accorgano anche nei giorni non comandati di chi gira in scooter senza casco e di chi circola regolarmente in senso vietato.
Il mondo globalizzato del ferragosto, il popolo spensierato dei vacanzieri, preoccupati giustamente dalla congiuntura negativa, non ha ricordato neppure per un momento che cinquant’anni fa iniziava la costruzione del Muro di Berlino, una delle vergogne più brucianti del dopoguerra europeo.
Il muro è durato meno di trent’anni: un soffio per la storia, ma metà vita rovinata per chi ha avuto la sfortuna di nascere dalla parte sbagliata dell’Europa.

14 agosto 2011

Ponte di ferragosto 2011 – 2


Siamo solo in due ad affrontare questo lungo week-end. La giovane dottoressa è piena di entusiasmo, ma vedremo di lavorare a turni alternati.
A me basterebbe avere qualche ora libera al mattino per fare un giro in bicicletta sul Sentiero Valtellina; la notte non mi ha mai dato molto fastidio, a patto di fare cose sagge e non solo il tampax per le ansie dei genitori.
La mattina del 14 è iniziata bene con un regalo inatteso e immeritato dalla giovane Annalisa. Annalisa è una dei miei pazienti speciali, quelli con un cromosoma in più.
Il seguito della mattinata è proseguita con visite, richieste, corse per i corridoi, telefonate continue.
Se qualcuno inventasse un cellulare che esplode quando le telefonate superano la frequenza di una ogni cinque minuti lo acquisterei anche se costasse come un Ipad.
Pomeriggio quasi tranquillo e infine buon risveglio alle tre di notte. Nulla di preoccupante, anzi, una pedalata verso l’ospedale per le strade fresche e deserte è quello che ci vuole per un buon risveglio.

13 agosto 2011

Ponte di ferragosto 2011 – 1


A Capodanno e a Ferragosto l’ospedale è uno dei posti più sicuri.
Sicuramente più sicuro delle strade e forse anche delle piste ciclabili. Indubitabilmente l’ospedale è meno stressante delle spiagge di Rimini, Kos, Mikonos, Giardini Naxos e Villasimius, dove i forzati delle vacanze si sforzano di divertirsi.
Ma non voglio offendere chi trascorre da anni la stessa vacanza con gli stessi vicini di ombrellone o di camper o di bungalow, adeguando il tempo disponibile e lo svago ai capricci dell’inflazione.
Ieri sera, complice il compleanno di Simone, padre della temibile Agata, ci si è trovati tutti al Birrificio di Como.
Poche auto nel cortile dell’ex setificio che ospita il birrificio e un outlet della seta. Poche ma con l’odore dei soldi; oltre ai suv anche le city cars dei ricchi, negligentemente impolverate, sfoggiano un cruscotto splendente con occhiali griffati in vista per gli intenditori.
Altra cosa sono le coupè splendenti con l’interno impolverato, impregnato di fumo, gli occhiali tarocchi e casse acustiche da discoteca, markers inconfondibili del tamarro in safari.
Poi ci sono la automobili degli svizzeri, sempre pulite dentro e fuori, anche quando piove o tira vento, con qualche lezioso peluche sparso sulla cappelliera e il bagagliaio pieno di polish, cera per la carrozzeria, pelli di daino e vetril.
Dentro il birrificio abbastanza poca gente, aria condizionata sapiente e servizio un po’ annoiato di studenti squattrinati part-time e ragazzi sudamericani con pochi sorrisi.
La birra è sempre giusta, specie la Roxanne, anche se non raggiunge quelle del Mastro Birraio di Acireale o del Birrificio di Erba, però qui sostanzialmente si mangia un po’ meglio ma soprattutto è sempre aperto nelle ore giuste.
Bene, o ora armiamoci di pazienza e affrontiamo questo week-end di ferragosto in compagnia della fida e solerte dottoressa Alessandra.

06 agosto 2011

Dopo un caffè alla macchinetta




Sono diventato grande ma mica tanto
in questo posto dove il sole ti sbrana
dove anche il serpente inciampa
e dove il tramonto non ha mai fretta

Ho un coltelloper tagliare le stagioni
o perlomeno spaventarle
vado in giro piano per non far polvere
e non parlo perché fa troppo caldo
E ho fatto il bagno insieme alle vipere,
ho mangiato ciliegie e ho morso catene.
C'è anche una foto in cui sembra che io rida
ma è una smorfia per la troppa luce

E in questo luogo dove non passa mai nessuno
non si ferma neanche il temporale
ma io una sera ho baciato una donna
e dietro un albero mi ha detto il suo nome

E sto sul muro della ferrovia
quando arriva il treno una volta al giorno
perché una sera ho baciato una donna
e su quell'albero ho scritto il suo nome

È arrivata con il passo del gatto
senza calze e senza amici
il suo sorriso era mezza faccia
l'altra metà era una cicatrice
non ha mai spiegato da dove venisse
non ha mai parlato di quell'anello al dito
ma il tatuaggio che le hanno fatto in prigione
io l'ho visto quando si è spogliata

Stringeva forte e mi lasciavo stringere
come un ragno in fin di vita muovevo le braccia
e mi sembrava di ballare un tango
tra la salvia e tutti i panni stesi

E in questo luogo non passa mai nessuno
e anche se passa prima o poi se ne va
ma quella sera ho fatto il giro del mondo
o forse il mondo ha fatto fare il giro a me

E spengo il sole con uno sputo
aspetto la notte per tagliarle il collo
e mi hanno visto anche baciare una pianta
proprio nel punto in cui ho scritto il suo nome

Qualcuno si sfoga a raccogliere fragole
a giocare a carte lì dietro un trattore
qualcuno dorme su una gazzetta
per tutti gli altri c'è solo un bicchiere

E in questo luogo non passa mai nessuno
ma il suo profumo ormai è qui di casa
ogni tanto lei arriva, e ogni tanto se ne va
ho imparato ad aspettarla e poi a lasciarla andare

05 agosto 2011

D E A

Si tratta dell’acronimo di Dipartimento di Emergenza e Accettazione. E’ il nuovo nome del Pronto Soccorso negli ospedali evoluti o in evoluzione; un po’ come chiamare diversamente vedenti gli astigmatici.
Il popolo del DEA è sempre lo stesso dall’una e dall’altra parte della barricata.
Uniti dallo stesso destino, dall’unica Entità che non sarà mai diversamente vedente, immune da miopia, astigmatismo, cheratocono e presbiopia: la Sfiga.
Medici in cerca d’identità, popolo di fifoni e idealisti del terrore pescato su internet si incontrano nel Dipartimento di Emergenza e Accettazione, inconsapevoli esegeti del DEA.
Tre sono le fasce orarie in cui il terrore corre nelle arterie e ritorna rapido dalle vene superando attoniti e laboriosi eritrociti.
La prima fascia segue le effemeridi. Quando arriva l’ora del crepuscolo, fra il lusco e il brusco, anche le febbricole si trasformano in maligne iperpiressie nella mente sconvolta dei genitori che corrono verso il Pronto Soccorso, e pace se poi arrivano al DEA, in ogni caso un pediatra pietoso, incazzato o sornione si prenderà cura del pargolo.
Le seconda fascia oraria corre attorno alla mezzanotte, ora in cui terminano anche i programmi televisivi in seconda serata e i genitori scoprono con raccapriccio che il bacio della buona notte si è stampato su fronti roventi di febbricola.
La corsa al Pronto Soccorso è frenetica, spesso lubrificata, accelerata e corroborata dal complesso di colpa di aver trascurato il frutto del concepimento a scapito di Ballarò.
Poi in Pronto Soccorso trovano magari alcuni feriti di un incidente stradale e il panico dell’attesa si trasforma in rancore sordo per la malasorte, trasformata in malasanità eclatante.
Altro che chiamarlo DEA, questo è un casino dove mancano i medici, e quelli che ci sono lavorano con noncuranza sui feriti di un incidente stradale facendo attendere ore e ore una faringodinia, un mal di gola e un’orticaria.
La terza fascia è quella delle tre di notte.
Il ritmo circadiano degli ormoni raggiunge il minimo e la notte appare senza fine, l’alba un traguardo remoto in attesa della quale il pianto del lattante affamato si trasforma in colica addominale, in reflusso gastro-esofageo, in addome acuto da peritonite imminente, in pielonefrite acuta, in ferita d’arma da fuoco (di Sant’Antonio).
E il Dipartimento di Emergenza e Accettazione tutto ingoia, tutto assimila, tutto accoglie nel suo grembo, tutto si stringe al seno, chiamando gli specialisti attraverso l’etere dei cellulari, dei cercapersone, dei cicalini.
E così mi tocca venire in ospedale.
Questa sera abbiamo avuto in seconda fascia, quella della mezzanotte, un bimbo caduto dal divano, un ombelico neonatale arrossato e un’adolescente con il mal di gola, ma senza febbre.
Il buon senso, almeno quello, è rimasto a casa, così come, per fortuna, il rianimatore reperibile.
Ma la notte è giovane, carusi.