16 febbraio 2022

L'Amedeo di Giussanico e la sua Gilera


 

Amedeo lavorava sodo; prima manovale e poi muratore.

Non era sposato.

Non era ancora sposato e sua madre non perdeva occasione di ricordarglielo.

In sé e per sé non avere la morosa non era una cosa che gli dispiacesse perchè gli permetteva di disporre della paga a suo piacimento.

Nell’attesa di incontrare l’anima gemella e confidando in tempi migliori si era acquistato una fiammante Gilera 300 bicilindrica.

Non era blasonata come le 500 o anche solo le 250 Guzzi brillanti di rutilanti cromature e fanalone, ma il rombo era discreto e rassicurante. Le prestazioni non erano entusiasmanti ma c’era la speranza di trasportare qualche ragazzotta del paese giù per la Poncia, seduta di traverso, magari più preoccupata della gonna dispettosa che della virtù.

Si era a metà aprile e le sere d’aprile quando il cielo è sereno si respira un’aria che fa male se si è soli. Amedeo era un concreto con scarsa propensione a sognare, ma aspettava con ansia il mese di maggio.

Il mese dedicato a Maria e le sue orecchiabili litanie avevano qualcosa di poetico quando si disperdevano nell’aria della sera dalle chiese aperte dopo cena: le ragazze respiravano aria di primavera e si attardavano dopo la funzione per le strade dei paesi del lago.

Giusto per prepararsi e per farsi notare l’Amedeo aveva un po’ manomesso le due marmitte della bicilindrica e il rombo che ne usciva incuteva rispetto alle Lambretta puzzolenti e alle piccole motociclette scoppiettanti.

Così quella sera del 19 aprile, verso le 7 di sera, si era avviato rombando verso Gravedona.

Le strade erano deserte e il fragore delle marmitte della Gilera bicilindrica rimbombava da un lato all’altro delle strade polverose o selciate.

In Viale Stampa si attardava qualche avventore dei caffè mentre l’Amedeo sfrecciava rombando in attesa di girare a destra lungo Via Dante per tornarsene a Giussanico.

A poche decine di metri dalla curva la vide.

Cosa diavolo ci facesse a quell’ora la guardia di Gravedona sul lungolago non si sa ma per l’Amedeo fu una sorpresa inaspettata e seccante.

La guardia si sbracciava mentre l’Amedeo repentinamente faceva un’inversione a U rischiando di cadere e ripartiva in senso opposto mentre i pochi sfaccendati si scansavano imprecando.

Sperava di averla fatta franca, complice la polvere e la luce fra il lusco e il brusco, ma nei paesi ci si conosce tutti e la guardia lo teneva d’occhio da qualche tempo, stufo delle rimostranze della gente che abitava sul lungolago e veniva assordata ogni qualche sera e tutti i santi sabati dal rombante scavezzacollo.

La storia invece finì come doveva.

La guardia diligentemente, sbollita la rabbia, stese un verbale nel sommario linguaggio amministrativo che conosceva e lo sottomise a chi di dovere.

La guerra era finita da poco; i fogli per la contravvenzione risalivano al decennio precedente, quando il sindaco si chiamava ancora podestà.

Ma la guardia era solerte; prese penna e calamaio e si mise a correggere puntigliosamente il modulo 320-a. Poi dettò al messo comunale il testo da battere con la fragorosa Olivetti nera che troneggiava in municipio.

All’Amedeo l’ingiunzione arrivò attraverso il messo di Consiglio di Rumo il 28 aprile 1952 e la contravvenzione gli era costata 500 lire: un’enormità.

La guardia di Gravedona aveva personalmente accertato, con buona pace della sintassi, che “con moto transitava nel centro abitato, Viale Stampa a velocità eccessiva costituento, data la località (attraversamento abitato) pericolo sicurezza persone e causando forti rumori con tubo di scappamento”.

Il 7 maggio 1952, dopo aver tergiversato, l’Amedeo di Giussanico pagò lire 500, come risulta dalla Bolletta n. 27, restituita al signor sindaco di Gravedona.

La storia non dice se in quel mese di maggio qualche ragazza di Gravedona o di Consiglio abbia cavalcato all’amazone la Gilera bicilindrica giù per la Poncia, incurante della gonna svolazzante e della sua virtù.

L’Amedeo, che teneva sul serbatoio della Gilera un plaid scozzese fermato con l’elastico, non ha mai voluto raccontarlo nemmeno da vecchio quando, rimasto vedovo,  qualche sera veniva su in Viale Stampa fino al Bar Sport.