26 dicembre 2013

In do minore

 
Questo Natale è stato in tono minore.
La malattia ha colpito molto da vicino la mia famiglia e le mie amicizie. Per questo ho fatto pochi regali e pochi o punto auguri.
Non è un momento felice neppure professionalmente.
Ho sempre dato (in do minore); lavoro da più tempo di quando sono nati quasi tutti i miei collaboratori.
Ho iniziato a lavorare il giorno dopo la laurea e non sono stato medico solo per dieci giorni: la durata del più breve dei cammini di Santiago.
Sono rimasto un laico convinto ma questa esperienza ha cambiato la mia visione della vita. 
Essere pellegrino fra pellegrini è stata una delle sensazioni che mi mancava dal tempo della laurea
Forse per fare il medico si deve imparare ad accettare l'ingratitudine e l'incomprensione ma non sono ancora riuscito a conviverci.
Scritto questo ringrazio tutti i pazienti, quelli vengono prima di tutto, e poi gli amici e i Colleghi che hanno riposto fiducia in me.
Con questo post chiedo scusa a tutti, vicini e lontani, a cui non ho fatto gli auguri direttamente, certo della loro comprensione.
Il 2014 sarà diverso. Auguri!

22 dicembre 2013

A prescindere


Una mia infermiera prediletta, Giovanna, ora lontana dalle scene per maternità, mi chiedeva e si chiedeva questa sera su Facebook come mai tanto scalpore attorno a Stamina.
Lasciamo Stamina alla giustizia umana e soprattutto a quella, che mi auguro terribile, di Dio.
Il fenomeno preoccupante è ben altro.
Quello che preoccupa è il ricorso dilagante alla medicine complementari e il rifiuto del metodo scientifico.
I medici si meravigliano del rifiuto di antibiotici e vaccini, due presidi che hanno quasi raddoppiato l'aspettativa di vita dell'uomo occidentale nel corso degli ultimi sei decenni.
I medici in realtà dovrebbero in buona sostanza fare un'autocritica spietata.
Dovrebbero riconoscere che negli ultimi quattro decenni i baricentri professionali sono diventati la la tecnologia, il risultato terapeutico e la carriera.
Padroneggiare la tecnica, ottenere risultati lusinghieri nella terapia e raggiungere una buona qualità di vita sono obiettivi rispettabili e condivisibili.
Rispettabili e condivisibili solo a condizione di riconoscere una posizione di centralità del paziente.
Troppe volte e sempre più il paziente viene relegato a ruolo di “utente” o “cliente” e qui giunto non deve meravigliare che si rivolga altrove.
Una volta rassicurato della sua centralità il paziente invece accetterà ogni terapia, anche quella dell'acqua di fonte, dei colori cangianti e della macrobiotica.
Rimane il grande rammarico di non poter applicare ogni vero e documentato ritrovato della scienza e della tecnica per alleviare ogni vera sofferenza mantenendo il paziente nella sua centralità soggettiva e oggettiva.
Il sollievo della stretta di mano al morente non può e non potrà mai essere sostituita da alcun presidio tecnologico.
Il medico vero emerge nella terapia palliativa, in quella che accompagna all'ultimo viaggio.
Quando al centro della professionalità del medico rimangono solo la carriera, la realizzazione professionale e l'abilità tecnica apriamo le porte alla malamedicina, alla negligenza e infine alla malasanità.

15 dicembre 2013

La scomparsa del dottore - 3 - Prospettive


Più riguardo a La scomparsa del dottore. Storia e cronaca di un'estinzioneSto completando la lettura del libro.
E indubitabile che una certa figura di medico stia scomparendo. La stessa cosa l'ho osservta nei primissimi anni della mia vita professionale quando sostituivo d'estate un Medico condotto.
Nell'ultimo post avevo scritto una frase sibillina: Mi rendo conto di essere spesso coadiuvato da giovani medici la cui più alta motivazione, per dirla in dolce stil novo,  è quella di programmare un fine settimana ricco in certami d’amore.
La frase deve aver colpito perchè mi sono arrivati messaggi fra il meravigliato e l'indignato. Alla fine l'ho tolta dal post.
La frase si riferiva ai medici giovani, in formazione. Da un paio di decenni mi sono rimesso a frequentare a vario titolo l'ambiente universitario e ho rivisto le mie posizioni su docenti e giovani medici.
E arrivo al messaggio
Personalmente, non so se per merito personale o di chi mi ha insegnato, io sono sempre medico, purtroppo.
Non esistono orari di servizio o turni.
Per lo stesso modo il telefono è sempre acceso, compatibilmente con la rete telefonica. A volte utilizzo un numero riservato, ma ve ne sono costretto dalla petulanza e dalla mancanza di senso pratico di qualche genitore.
Purtroppo devo riconoscere che i giovani medici in formazione, che a differenza dei nostri tempi sono retribuiti, terminano [spesso, non si può generalizzare] di essere medici quando finisce il loro turno.
E mi piacerebbe scoprire le motivazioni per cui molti medici delle nuove generazioni hanno studiato per così tanti anni.
Spesso vedo praticare una medicina "difensiva" tesa a chiudere un caso clinico nel minor tempo possibile e con il minore dei danni.
Torno alla sensazione iniziale: sembra che il paziente sia dall'altra parte.
Il rapporto di fiducia si raggiunge solo se il paziente scopre che stiamo dalla stessa parte.

13 dicembre 2013

La scomparsa del dottore - 2 - Doctor shopping di secondo livello



Due cose sono necessarie al medico: la prima, che possieda la scienza; la seconda, che abbia quella disposizione di genio che gli è indispensabile per esercitarla in modo affabile.
(Hermann Boerhaave, 1668–1738)



Dirigo, mio malgrado e senza merito, una divisione di Pediatria ospedaliera.
Per questo ho spesso problemi etici da affrontare.
Ci sono genitori che vengono a propormi visite per i loro figli in alternativa al Pediatra di famiglia, di cui non mi sono mai sentito più esperto.
Credevo di aver trovato una soluzione con l’ecografo. Mi ero riproposto di eseguire ecografie, proposte in genere dai Pediatri di famiglia, per rispondere ai loro quesiti clinici senza mettermi in imbarazzante e impropria concorrenza.
Ma avevo fatto i conti senza l’oste, senza il desiderio inconfessato di molti genitori di passare da un pediatra all’altro non per meglio curare il bambino ma per sfamare l’insaziabile ansia di genitori casuali o frequentatori incorreggibili di internet.
E infatti ricevo le classiche telefonate dei Pediatri di famiglia.
-          - Ciao Paolo, ricordi che mi hai fatto un’ecografia al figlio della signora Romperti?
-          - Certo, era sabato mattina, ho aperto apposta lo studio; c’è un piccolo nodulo tiroideo, le ho detto di non preoccuparsi...
-          - Sì, ma io questa signora non la tengo più, vuole andare da un endocrinologo.
-          - Va bene, ti mando il nuemero di Andrea, vedrai che la tranquillizzerà.
-          - Ma non si potrebbe mandare al professor Dell’Orto del San Gabriele?
-          - Mah... costa un patrimonio, teniamolo per riserva, in fin della fiera è solo un innocuo nodulo tiroideo.
-          - Sì, ma ti ricordi quella diagnosi di duplicazione cistica del testicolo?
-          - Certamente, ma era una variante anatomica!
-          - Ma la mamma è andata, attraverso il consultorio, dal Prof. Coglini, gli ha dato 350 euro e le ha detto la stessa cosa...
-          - Senti Norberto, che me le mandi a fare certe mammme?

Così, pensando di risolvere qualche problema, ponedomi un piccolo gradino discosto dal Pediatra di famiglia, mi sono trovato ad aver costruito una scala mobile che porta sempre più in alto genitori ed ansie, bisogni inevasi e pretese di certezza, smanie di perfezione ed aneliti di genitorialità sublimata.
Poi, la realtà è sconsolante:  genitori che non usano il forno a micro-onde sospettandolo cancerogeno però si mostrano a fumare; genitori che acquistano carne biologica assieme a sacchetti di patatine fritte in olio di semi vari, che rifiutano gli omogeneizzati ma frullano la pizza margherita nel’ottica dell’autosvezzamento.
Rimango sempre più dell’idea che sia il momento che io tiri i remi in barca e mi dedichi alla storia patria: un angolo culturale che ho molto trascurato negli ultimi decenni.

11 dicembre 2013

La scomparsa del dottore - 1





Più riguardo a La scomparsa del dottore. Storia e cronaca di un'estinzioneSto leggendo uno strano libro, “La scomparsa del dottore”, e il sottotitolo è: storia e cronaca di un’estinzione.
In buona sostanza si parla dell’immagine sbiadita del medico d’oggi, ridotto a somatologo e dispensatore di medicine.
Vero.
Scopro ogni giorno quanta fatica costi essere medico che ascolta e dispensa consigli.
Ho scoperto che le mie visite durano sempre più di quaranta minuti. Cerco di dedicarmi all’ascolto e alla comunicazione, quello che si chiamerebbe counseling.
Ma scopro che la formula non funziona quasi più e forse devo decidere di tirare i remi in barca, concludere il leasing dell’ecografo e andare dignitosamente in pensione.
A parte la prima visita, dove spesso prevale la curiosità per il nuovo, in seguito riemerge la routine consueta.
Ai pazienti (ai genitori dei pazienti) interessa solo acoltare quello che desiderano sentirsi dire.
In pratica si ricade nella malamedicina di ascoltare l’enunciazione di problemi veri o presunti nell’attesa di una terapia che spesso non esiste.
Qual’ è la cura per le manifestazioni di gelosia nei confronti di un nuovo fratellino?
E qual’è la terapia per una malattia presunta o per un sintomo come la tosse, spacciata per malattia inguaribile?
Ho cercato di rifugiarmi nell’ecografia, sperando di dare risposte.
Ma mi vengono posti ogni giorno quesiti clinici che con l’ecografia non troveranno probabilmente risposta.
Questo avviene oggi, a sessant’anni dall’arrivo della rivoluzione antibiotica che ha quasi raddoppiato l’aspettativa di vita.
La domanda che mi arriva regolarmente è quella di chiarimenti sulla causa di una malattia.
Ma se la risposta è semplice per una malattia infettiva, che conosce una causa e un agente preciso, come si può spiegare una malattia metabolica o neoplastica, che nasce all’interno del nostro organismo?
Si può ascoltare, si possono dare consigli, ma non si può raccontare quello che il paziente vorrebbe ascoltare, altrimenti si passa dall’”altra parte” .
E quanta tristezza pensare che il paziente ci veda dall’altra parte quando si ha studiato e lavorato più di quarant’anni per stare dalla sua.