20 giugno 2021

Il Bastian Contrario - prima puntata

 

Di questi tempi è sempre più frequente incontrare gente-no.

Cha siano complottisti, no-vax, no-tav, no-ponte, negazionisti o antagonisti non conta, l’importante è negare qualcosa: il più delle volte l’evidenza.

Non vanno presi sul serio, ci sono sempre stati e sono presenti in varia percentuale in tutte le categorie.

Li abbiamo sempre chiamati “bastiancontrari” con ironia, bonarietà e a volte anche buonismo.

Parlare e scrivere della loro esistenza li appaga, ma solo inconsciamente.

E inconsciamente sono diventati bastiancontrari da piccoli per presuntuoso capriccio e crescendo via via per sconfiggere la frustrazione di non essere quello che dentro di sé sanno di meritare, ma nessuno gli riconosce.

Il disturbo delirante è una psicosi.

In fondo la differenza fra Napoleone e chi crede di esserlo è solo un problema di numeri.

Napoleone Bonaparte è stato unico e irripetibile, ci hanno creduto in tanti e chi ha fatto finta di ignorarlo ne ha pagato un caro prezzo.

Invece chi crede di esserlo è in genere una persona votata alla solitudine, che si macera nella rabbia di non essere creduto anche se tiene la mano nel panciotto con lo sguardo perso a cercare la Corsica fra le brume del Mar Tirreno.

E la Corsica non compare nemmeno se ci si mette di sera e accende gli abbaglianti verso il mare immenso ignorando la dolcezza della risacca che potrebbe molcire il suo languore se solo incontrasse un’anima romantica o almeno disponibile al sesso estemporaneo.

Quindi quando incontrate un no-vax pensate solo che si tratta di un bastiancontrario.

Prima dell’avvento dei social network era gente che si incontrava all'osteria al sabato sera, ma ora trova credibilità soprattutto fra chi cerca consolazioni inconsuete e soprattutto a buon mercato.

Come ci si comporta con i bastiancontrari?

L’importante è non prenderli sul serio o litigarci.

Se contradetti, soprattutto a ragione, possono diventare cattivi e violenti, anche se solo verbalmente o sui social. Che sono il loro terreno congeniale.

L’ironia è una merce che non conoscono, che li spaventa e contro la quale sono assolutamente disarmati.

Se avessero ragione e il loro pensiero divenisse dominante e maggioritario passerebbero immediatamente dalla parte opposta, per tener fede alla loro natura di contraddire l’evidenza o subodorando un complotto contro di loro.

In genere non sono cattivi, al contrario degli stupidi che causano danni inimmaginabili all’umanità.


19 giugno 2021

Il pediatra, i sintomi e le manifestazioni.

 


Fra le migliaia di chiamate preoccupate che riceve regolarmente un pediatra ho cercato di fare mente locale ripensare agli ultimi 40 anni di telefonate per stilare una classifica delle cause di preoccupazione e a volte di panico, che trasformano spose serene in livide, scarmigliate e spiritate prefiche.

La regina del popolo dei sintomi e delle manifestazioni è sicuramente la febbre. Non è dato sapere da dove inizi e quando. Per qualcuno da 37.1, per altri da 38.  

Da quanto tempo dura la febbre e quante decine di volte si deve misurare ogni giorno e con quale termometro? E’ meglio il termo-scanner o quello di vetro o meglio ancora quello a mercurio della nonna Lina? E dove si misura? Sotto l’ascella, in bocca, nelle orecchie, sulla fronte, all’inguine o nel culo? Bisogna essere precisi e comunicare diligentemente al dottore tempi e modi.

In caso di dubbio anni fa un papà ha fatto la prova della verità e prima di disturbare il pediatra ha misurato la temperatura rettale della suocera per avere la certezza che il termometro leggesse la corretta temperatura corporea (è una storia vera e lo giuro su quanto ho di più caro), ma era un papà, non una mamma.

Il panico, come l’iperpiressia, inizia a 38.5. La vera iperpiressia, oltre la stratosfera dei 39.5° non è contemplata e non si può parametrarne le reazioni.

Subito dopo la febbre viene la tosse nelle sue varianti descrittive a volte fantasiose: grassa, catarrosa, secca, spastica, irritativa, periodica, notturna, abbaiante, al risveglio, canina, asinina, ràntega, ricorrente, stagionale o incessante.

Il terzo posto nelle cause efficienti di telefonata al pediatra è saldamente tenuto dai puntini rossi: macule, papule, vescicole, petecchie, chiazze, macchie, orticate, nummuli, eritemi, esantemi, foruncoli e brufoli tolgono il sonno e la tranquillità anche alla coppia più felice che viva nel Mulino Bianco.

Dall’altra parte del filo, della tastiera, del monitor, del tablet, dello smartphone, insomma dall’altra parte della barricata ci sta il pediatra.

Almeno i pediatri, quelli a tempo pieno. Poi ci sono quelli che lo fanno solo a ore.

A volte il pediatra spegne il cellulare, a volte si rifugia dietro la segreteria telefonica, a volte si chiede se il fuso orario sia cambiato a sua insaputa, ma a volte... risponde.

E il pediatra è protervo, curioso, inutilmente e fastidiosamente pignolo.

Dopo l’accurata descrizione delle chiazze un po’ rosa e un po’ rosse che sono comparse dopo le 2 di notte sul culetto chiede: ma il bambino come sta? Ah, lui sta bene e dorme ancora: sono io ad essere preoccupata – incalza la mamma.

Se ci sono febbre, tosse e puntini rossi tutti insieme il pericolo è scongiurato. Non si telefona al pediatra ma si corre in Pronto Soccorso. Adesso che c’è il Covid-19 non è una decisione immediata ma lungamente meditata e decisa a tavolino dopo frenetiche consultazioni di coppia che nemmeno alla conferenza di Yalta o agli accordi di Camp David.

Tanto al Pronto Soccorso chiamano un altro pediatra.

Il pediatra si chiede se anche ai geometri, ai ragionieri, agli elettricisti, ai magut e agli avvocati tocchi rispondere alle ore più impensate, soprattutto durante i pasti o al mattino della domenica. Forse per gli idraulici c’è l’attenuante immaginifica della signora insonne e insoddisfatta e infatti in Lombardia li chiamano trumbèe.

Ma il pediatra, qualunque pediatra, alla fine da tanto tempo se n’è fatta una ragione. E stancamente afferra lo smartphone e preme il pulsante di risposta con il sorriso stereotipato e i boxer a pallini blu.

05 giugno 2021

Un po'

Il vecchio camminava, come al solito un po’ curvo e un po’ gobbo, per abitudine inveterata e anche un po’ per pigrizia. Camminava nel tardo pomeriggio per mantenersi un po’ in forma e un po’ perché camminare da solo era uno dei
pochi momenti in cui si sentiva allentare la tensione di questi tempi di pandemia, Li vide da un centinaio di metri; quattro o cinque ragazzi appoggiati al muro della strettoia. Non poteva evitare di passarci davanti e percepì un vago disagio impadronirsi di lui; l’avrebbero guardato con ironia, degnazione e sarcasmo. Forse compassione. Fino a qualche anno prima non aveva paura di passare davanti a sconosciuti, sentiva ancora vigore nei muscoli e avrebbe saputo difendersi, ma il tempo era trascorso. In paese era abbastanza conosciuto, ma non dai giovani. Avvicinandosi si scostarono sorridendo. Avevano la mascherina indossata correttamente mentre il vecchio se l’era tolta per respirare meglio l’aria del lago. Passando davanti a loro bofonchiò un saluto e si complimentò per la loro buona educazione. E uno rispose “siamo bravi ragazzi; ce ne sono ancora” e gli augurarono buona serata. Il vecchio rientrò a casa rincuorato, vergognandosi un po’ di aver pensato male e un po’ di aver dimenticato la mascherina in tasca.