21 settembre 2009

Mykonos & Tinos, le foto






A una settimana dal ritorno ho ammortizzato il colpo e recuperato il tempo perduto. Anzi, ho trovato dei ritagli di tempo per iniziare a riordinare qualche fotografia.
Si possono vedere su Flikr.
I commenti ovviamente sarebbero molto graditi.

14 settembre 2009

Tinos 2, la vendetta

Dopo una giornata uggiosa come il sabato ecco una radiosa domenica, ultimo giorno di vacanza nelle Cicladi ovviamente. Giornata iniziata male con il rifiuto del riottoso quad di avviarsi; prendo l’autobus fino in centro convinto di fare una strage di noleggiatori e scopro che alla domenica, fino alle 10, gli autobus passano solo ogni ora e con orario diverso dai giorni feriali.
Arrivo in ogni caso dal noleggiatore, che si presta molto gentilmente a spiegarmi che questi motori si “ingolfano” facilmente, grazie non si era mai capito. Comunque viene a prenderselo e lo riavvìa (dopo venti minuti di tentativi).
Poi scopro che a Myconos oltre alle comitive che scendono dalle navi da crociera ancorate nella rada sta calando l’ondata dei domenicali “mordi e fuggi” da Atene.
Rapida corsa fino in piazza e torno trionfante con due biglietti andata e ritorno per Tinos, moto compresa, e salpiamo verso l’isola dei santuari alle 11.10 spaccate.
Dopo una giornata fredda e nebbiosa come venerdì questo è il giorno della vendetta.
Sbarchiamo e ci avventiamo sulle pendici della sponda occidentale, nel vento. Naturalmente sbagliamo strada, scolliniamo sul versante orientale, e finiamo nei pressi di un villaggio fra le rocce, Volax, dove la strada finisce.
Alla ricerca di una piazzetta dove girare il mezzo incontriamo invece una stupenda taverna con tavoli traballanti, sedie impagliate e tovaglie a quadretti bianchi e verdi. Il posto è frequentato solo da greci e inglesi, comunque insalata greca mista, salsiccia alla griglie due birre ci costano la metà che a Mikonos.
Poi visitiamo il paesino che è un piccolo gioiello, un pezzetto di Grecia curato, mantenuto e pulito come in una valle austriaca.
Riprendiamo il quad e scendiamo per una vallata quasi verde, tutte le pendici circostanti sono aride, riarse e rocciose, sino alla baia di Kolimbithra. Non fossimo satolli sarebbe bello fare il bagno, tutto l’occorrente c’è, ma decidiamo invece di riprendere il giro di giovedì e ritorniamo sulla sponda occidentale.
A Tinos, come d’alto canto anche in quasi tutte queste isole, non esiste una strada litoranea ma solo alcune strade principali di costa o di crinale, da dove poi si scende ai paesi costieri.
Il versante occidentale, che ci sembrava selvaggio con la nebbia, in realtà è abbastanza ridente e comunque ci sono molti insediamenti. Superiamo il crinale presso un monastero, nei pressi del villaggio di Isternia poi scendiamo verso Pyrgos. Il tempo è tiranno e ci suggerisce di iniziare la strada del ritorno.
La strada che scende a sud lungo la costa orientale ci mostra il volto selvaggio dell’isola; valli rocciose e brulle, percorse da muri a secco senza fine, si susseguono e scendono verso il mare.
Giunti a Komi decidiamo di tornare brevemente a Kolimbithra per un bagno. L’acqua è pulitissima e il fondale sabbioso.
Ripartiamo con un po’ di rimpianto da quest’isola così selvaggia e arriviamo al porto giusto in tempo per vedere spuntare nella rada il catamarano velocissimo che ci riporterà a Mikonos in venti minuti.
Ultima cena, ci mancherebbe, all’Atlantida di Platis Yalos, questa volta con grigliata mista.
Da martedì si rientra in ospedale.

Sabato 12 settembre

Giornata sostanzialmente vuota e noiosa. Ha piovuto sino a metà pomeriggio e sono finiti i libri da leggere, e sì che mi ero portato qualcosa di voluminoso.
Due sortite fra un acquazzone e l’altro sono servite solo ad aggiornare il blog e ad acquistare latte, pane e simili generi di conforto, si fa per dire.
Verso sera abbiamo fatto una puntata a nord del nuovo porto per propiziare il cambiamento del tempo e infatti la domenica mattina il cielo appare sgombro da nubi.
La signora che ci ha noleggiato il quad ci ha giurato che il tempo sarebbe migliorato e ci ha suggerito di proseguire il noleggio ancora per un giorno e mezzo. Se il mio lavoro fosse quello di dare a nolo quad, motorino e scooter certamente mi sarei espresso nello stesso modo, ovviamente, ma noi ci abbiamo aggiunto la speranza.
Serata all’insegna della carne alla griglia da “Lefteris” alla baia di Ornos; veramente un posto giusto, pulitissimo, cucina in piena vista; c’è solo l’imbarazzo della scelta e il prezzo è onestissimo. Qui è il tempio della griglia e dello spiedo; è vietato l’ingresso ovviamente ai vegetariani.

12 settembre 2009

Tinos





Il museo archeologico di Mykonos non è ricchissimo; o almeno a me così appare, quindi ce la sbrighiamo in poco tempo.
Poi è la volta del negozietto di paccottiglia dove acquistare i regalini per i figli; naturalmente pagando in contanti c’è lo sconto quindi parto alla ricerca di un bancomat che mi fornisca i contanti.
Non è molto chiaro se la commissione applicata sul prelievo vanificherà lo sconto dell’astuto negoziante cicladico, ma il bancomat più vicino è stato bloccato da una stupida signora indiana che ha infilato nella fessura una carta di credito esotica.
Naturalmente aspetta che la fessura la restituisca e a nulla valgono le proteste della coda di gente inferocita che si è formata in piazza.
Decido stoicamente di cercarmi un altro bancomat, che logicamente e strategicamente è piazzato nel punto più alto della città, da cui si vede un panorama stupendo sul porto.
Salgo le scalinate con una felpa caldissima sulle spalle, destreggiandomi in una comitiva di napoletani sbarcati da un nave della Costa Crociere.
Verso le 13 ritorno al porto trionfante con la mia manciata di banconote; ripassando dal primo bancomat scopro la signora indiana, o pakistana, ancora in attesa, ma con in mano un beverone dal colore poco rassicurante.
La nave per Delos, dove dovrebbe esserci un sito archeologico importantissimo, è stracolma, complice il tempo incerto che scoraggia una discreta percentuale di vacanzieri dalla vita di spiaggia.
Decidiamo di fare un follia e acquistiamo un biglietto del traghetto per Tinos, e salpiamo alle 14 con il fedele quad per l’isola dei santuari.
Il tempo è sempre meno raccomandabile e allo sbarco la minaccia di pioggia è sempre meno fantasiosa. Visitiamo il santuario dell’Annunciazione, l’equivalente ortodosso di Lourdes, anche se molto meno commerciale.
L’atmosfera mistica è molto suggestva e osserviamo alcuni pellegrini che salgono dal porto in ginocchio sino alla chiesa, in cima alla città.
Breve visita della cittadina, poi partiamo per il nord.
L’isola è più grande di Mykonos; è selvaggia e pressoché disabitata. Le strade, strette, ripide e tortuose offrono ad ogni curva scorci sempre nuovi che le nuvole basse rendono drammatici.

La mèta è Pyrgos, famosa per le sue cave di marmo verde, per una scuola di scultura e per un museo sulla lavorazione del marmo.
Il museo è simpatico, inaspettato, interessante e completato da una galleria fotografica dedicata ai tempi dell’emigrazione nelle Americhe. Ci accolgono cordialmente; non credo che abbiano visto molti italiani da queste parti, almeno dal tempo dell’ultima guerra mondiale.
Le nuvole sono sempre più basse e ci inducono a tornare al porto per la cena con un’ora di anticipo.
Tutto il lungomare di Tinos è un susseguirsi di taverne, dal nome greco impronunciabile. Ne scegliamo una che dovrebbe chiamarsi Epineio o qualcosa di simile e mangiamo lo zaziki più piccante della mia lunga vita, polipo alla griglia e vitello stufato con cipolle.
Alitando aglio ci avviamo al porto per prendere il più serio acquazzone delle Cicladi da qualche decennio e qui si scoprono i limiti del povero quad.
Aspettiamo il traghetto, naturalmente in ritardo, sotto una tettoia, poi non c’è più storia e si rientra mestamente a Mykonos, inzuppati sino al midollo.

Mykonos povera





Sono incontentabile. Sono arrivato a questa conclusione dopo aver riconosciuto che mi lamento sempre.
Eppure anche quest’isola, come molte mète del turismo di massa, mi sembra rovinata.
Il paesaggio è distrutto da una speculazione edilizia capillare il cui unico merito è stato quello di rispettare, per ora, l’architettura tradizionale, almeno nella forma. Certo va un po’ meglio che in Sardegna, ma qui gli interessi verosimilmente sono minori.
Il capoluogo Cora, oppure Hora, è irrimediabilmente segnato. Sopravvivono la chiesa di Paraportiani e la fila dei mulini a vento sopra il porto; poi c’è un piccolo museo archeologico.
Tutto il resto sono negozi di paccottiglia, di finte taverne, di pub e locali notturni. La città si è piegata al turismo chiassoso di chi ha fatto della trasgressione e dello sballo legalizzato le mète delle proprie vacanze.
Del mercato del pesce sopravvivono due banchi di marmo che si vivacizzano due volte alla settimana. Sul porto si aprono bar dove il caffè costa come in Piazza Duomo però lo spettacolo è diverso.
Al posto dei piccioni sudici di Milano ci sono i passeggeri delle navi da crociera che scendono per le poche ore consentite dal turismo “mordi e fuggi”.
La vera essenza di Mykonos sopravvive nelle spiagge del nord battute dal vento, ma anche lì sta arrivando la costruzione a tappeto di case da affittare.
Il bilancio della mia vacanza non è comunque negativo. Abbiamo girato l’sola in lungo e in largo, la scorta di libri non mancava, e il paesaggio merita alla fin fine una settimana di vacanza.
Lo scaletta della giornata non è stata complicata. Dopo la scoperta di alcune spiagge a nord, suggestiva quella di Agios Sostis, ci siamo buttati a Kalo Livadi, complice il clima accattivante, per un bagno nella baia.
L’errore è stato quella di fermarsi a mangiare in uno dei ristoranti della spiaggia, il Sol y Mar, gestito da Frankestein e suo fratello, almeno a giudicare dai sorrisi di benvenuto.

Qui per quarantuno euro abbiamo assaggiato quattro fiocchi di zucca ripieni e due sfogliatine bevendo due birre!
Pomeriggio in spiaggia, da diligenti Milanesi in vacanza e finalmente cena simpatica all’Atlantida di Platis Yalos dove Alexandros ci ha deliziato con abbondanza di verdure alla griglia, zaziki, calamari fritti, cartoccio al forno di agnello, feta, patate e pomodori, chiudendo con un dolce offerto dalla casa. Due birre elleniche e la stessa cifra di mezzogiorno.
Una dimostrazione che la legge della relatività di Einstein si applica anche all’onestà degli osti.
Abbiamo evitato accuratamente la serata di Cora, dove le ragazze, in attesa della discoteca, non si truccano come da noi ma si dipingono letteralmente; manca solo il cartello “vernice fresca” sul reggiseno. Del resto è praticamente impossibile muoversi con il quad senza rischiare di travolgere qualcuno degli ossessi vocianti che spuntano da ogni angolo di strada.
Ora sono quasi le sei del mattino. Gli autobus hanno ripreso a girare; gli unici passeggeri sono i camerieri che vanno al lavoro. Durante la notte ha piovuto; nuvole basse non fanno presagire niente di buono. Ci dedicheremo al museo archeologico.

10 settembre 2009

Mykonos, varie ed eventuali






Il tempo non sente ragioni. Nuvole basse corrono e nascondono il sole che appare pochi istanti per volta.
Scendiamo al porto alla ricerca del mercato del pesce, ma sono le 8 del mattino ed è già tutto bell’ e finito; qualche pescatore si attarda sulla barca a riparare le reti.
Se quello del pesce è finito quello della verdura è molto vivace: poche bancarelle ma molto frequentate.
Torniamo a Platis Yalos, prepariamo una borsa capiente con l’indispensabile per la spiaggia, un buon libro, le macchine fotografiche e lanciamo, si fa per dire, il trabiccolo scoppiettante alla scoperta delle spiagge del nord di Mykonos.
Sono poche, fredde, sferzate dal vento e quindi sdegnosamente disprezzate da gay e nudisti.
Ad Ano Merà scendiamo a sinistra e ci inoltriamo per una vallata brulla, abbastanza scoscesa che dovrebbe scendere al mare. Costeggiamo un laghetto artificiale, di acqua dolce, dal nome impronunciabile e finalmente, dopo quattro chilometri di sterrato, arriviamo alla baia di Fokos.
La spiaggia è stretta, delimitata da due rocce scoscese da entrambi i lati; quella a destra forma un arco sull’acqua all’uscita dalla baia.

Per fortuna c’è un ristorante, la Taverna Fokos, dove ci servono tre ragazze molto gentili; ci sono diversi piatti tipici e pesce fresco; scegliamo un tris di insalate, zaziki, formaggio fresco e lenticchie e non abbiamo motivo di pentirci. Non è proprio a buon mercato ma la qualità del cibo è notevole.
Le nuvole continuano a rincorrersi ma con molta meno convinzione e infatti verso le quattro del pomeriggio il sole trionfa.
Ripieghiamo sulla solitaria, riparata e calda spiaggia di Kalo Livadi, nella parte meridionale dell’isola e mi ributto in acqua fino alle 6.
Rientriamo a Cora giusto per fotografare il tramonto e riempire di benzina il rumoroso mostriciattolo a quattro ruote.

Cena vegetariana a casa con una bottiglia di Assyrtico di Santorini, naturalmente bianco.

09 settembre 2009

Egeo!





Prima vera giornata nell’Egeo. Il tempo è bruttino; tira un vento terribile da nord-est, freddo, e le nuvole basse corrano coprendo quasi sempre il sole.
Giriamo coperti come si fosse in mezza montagna e il vento cerca di sollevarci il casco mentre noi cerchiamo semplicemente di guidare il quad.
Nauseati dalla vita serale di Chora e di quanti la popolano scappiamo presto di mattina verso nord alla ricerca del faro, sapientemente chiamato “Fanari”.
Il posto sarenbe suggestivo, a picco sulla scogliera di fronte all’isola di Delo, se non ci fosse il vento rabbioso.
Gironzoliamo a nord, alti sopra il porto, e incontriamo anche un vecchio che scende in città a cavallo. Sembra autentico e non una trovata per turisti, almeno spero.
Pomeriggio inizialmente all’interno, al monastero di Panagìa Tourliani ad Ano Merà. All’interno c’è un’iconostasi del ‘400 con dipinti di scuola fiorentina.
Questo è quanto afferma il monaco che ci accoglie, poi, scoperto che siamo italiani, passa a raccontarci le vicende di Dongo e la fine di Mussolini, che conosce bene.
Ripartiamo con il nostro rumoroso mezzo per scendere alla spiaggia quasi deserta di Kalo Livadi. Qui l’acqua sembra più pulita e quasi tiepida.


Sfido il destino e mi ci butto; scendo un po’ con la maschera per scoprire un fondo ciottoloso dove incrociano pochi pesciolini piccoli e grigi. L’acqua è veramente pulita e vale la pensa di farci una nuotata rilassante.
Serata gastronomica al ristorante Atlantida di Platis Yalos dove scopriamo che c’è anche chi cucina bene il pesce e non deruba i turisti com’era successo il giorno prima.
Speriamo che il tempo migliori.

08 settembre 2009

Mykonos - l'arrivo




All’alba, anzi prima, il volo è per le 7.50, partenza per Mykonos.
Lo stacco non è immediato.
Anche al bar della Malpensa riesco a trovare lavoro: una crisi epilettica di una ragazza ucraina mi anima la colazione; mentre la soccorro, per quel poco che si possa fare, intorno la gente continua imperterrita a consumare brioches e cappuccini.
Forse la malattia del 21° secolo è l’indifferenza.
Chiuso questo episodio decolliamo per Mykonos lasciando Natasha al suo destino, cioè la squadra del 118 finalmente intervenuta e atterriamo dopo un paio d’ore in questa isola riarsa e ventosa.
Il tempo è clemente al mattino; dopo l’attesa fregatura in un ristorante in riva al mare ci riposiamo nel monolocale per qualche ora in attesa di decidere per il meglio.
Il meglio del tardo pomeriggio si rivela il noleggio di un “quad” per i prossimi cinque giorni.
Strano mezzo, metà moto, di cui possiede il tipo di guida, metà automobile, di cui possiede solo il numero delle ruote, per il resto è un aggeggio divertente, faticoso e instabile. Nel complesso comunque molto divertente.
Lo inauguriamo per un giro alla ricerca del supermercato ma soprattutto per una passeggiata verso il nuovo porto, durante la quale facciamo conoscenza con il temibile Meltèmi, il vento fresco che spira dal nord.
Cena vegetariano e promessa di ripartire l’indomani alla scoperta dell’isola.
Il paesaggio è brullo, la speculazione edilizia imperversa ed è vero che Mykonos è l’isola dei gay. Numerosi e felici dilagano dai ristoranti ai supermercati, finalmente liberi di manifestarsi.
Vedremo se all’interno dell’isola ci sarà qualcosa di meno artefatto e turistico di quanto abbiamo visto oggi.

03 settembre 2009

Magia dell'Egeo

Settembre finalmente! Ho deciso di prendermi un’egea settimana di vacanza su un’isola greca.
Ma che isola? Mah.. vedremo; seguite il blog e ve ne accorgerete.
La cosa tragica è stata cercare notizie.
Mi sono messo di buona volontà su Google e ho digitato: Mykonos, diario di viaggio.
Mi sono uscite una ventina di pagine di diari di viaggio. Tutti descrivono le spiagge, l’affollamento, le occasioni di avventura etero e omo, il tipo di musica che si ascolta, i locali più in, le peculiarità di questo dj e di quel bagnino, il costo esorbitante di lettini e ombrelloni, i prezzi di ristoranti e pizzerie, le conquiste fatte (poche), le fregature prese (tante) e le sbornie smaltite (troppe).
Non c’è rigorosamente alcuna descrizione del paesaggio, della gente, dell’arte e del clima e dei colori.
Insomma l’atmosfera di Myconos non è poi così diversa da Colico by night.
Credo che potrei scrivere questi diari di viaggio comodamente seduto in poltrona, anzi ci porverò, affacciato al mio lago, con qualche sapiente copia/incolla. E magari in un italiano più scorrevole.
Sembra che le vacanze nell’Egeo debbano per forza essere passaggi a tappe forzata da una discoteca a un pub per sette brevi giorni e sette lunghe notti.
Con un bel berretto negligentemente portato con la visiera storta all’indietro, torvi su bicchieri di beveroni colorati, ben alcoolici, facendosi due canne e attenti all’espressione delle pollastre che entrano in cerca di avventura.
Bon Dieu ma perché rischiare la vita su un volo Aegean, Alitalia, Olympic o su un charter dalle ali instabili, spellandosi le mani all’atterraggio nell’ italico e becero applauso di chi non ha mai volato?
Tutto quello che si trova a Myconos è a portata di mano a Domaso e Nobiallo, forse con qualche fregatura di meno in pizzeria; se proprio ci vuole il sapore della trasgressione si può arrivare a Cesenatico in qualche ora.