31 gennaio 2011

Costantino e Matera

Sono arrivato per la prima volta a Matera nel 2003, per un corso blasonato di ecografia delle anche.
Blasonato nel senso che il relatore era il professor Graf, nume tutelare e padre spirituale della terapia della displasia dell’’anca e della sua diagnostica.
Mi sono innamorato allora dei Sassi, il suggestivo Barisano e l’allora fatiscente Caveoso.
Avevo scelto come base uno dei primi hotel insediati nei Sassi, esisteva da qualche mese e aveva un prezzo ragionevolissimo.
Mi ero preso qualche giorno in più per conoscere Matera.
La sua suggestione veniva dai miei libri scolastici di geografia e da una bambina, Rosanna, compagna in prima media, dai tratti delicati e dai capelli corvini, mai più rivista negli anni successivi, trascinata lontano da un padre emigrante alla disperata ricerca di lavoro al nord.
La vista della città e del vallo della Gravina dalla Murgia è spettacolo inaspettato e che toglie il fiato.
Ed era nato l’amore.
Amore platonico, come per una donna che incontri e che credi, o speri, non raggiungibile anche se ti sei perso nei suoi occhi.
Poi cinque anni dopo il nuovo incontro, questa volta con Costantino, incontrato nella nebbia bassa  della brughiera frequentata dai pionieri di Anobii.
Costantino scrive, come scriveva suo padre.
Scrive della sua terra con sarcasmo amaro, con ironia sfumata e con ricamo d’aggettivi che non riescono a nascondere l’amore per questa Lucania che appare solo sua, come se fosse l’unico a conoscerne l’anima.
E questa volta è amore totale per questa città, irrazionale come dev’essere l’amore, senza spazio per ripensamenti o pentimenti. Così, se capito nel raggio di duecento chilometri da Matera non posso fare a meno di rivederla.
Inizio sempre dal belvedere della Murgia, che si sporge offrendo là, oltre la Gravina, il Sasso Barisano, dominato dalla cattedrale e il Sasso Caveoso, percorso dall’alto in basso e unito da saliscendi di “greti di ciottoli” lucidi e  quasi umidi.
Poi anche il centro e, disordinatamente e con affanno nell’ansia di non vedere abbastanza, le chiese rupestri, il cimitero alle Malve, e la fuga fra i Sassi a  cercare una porta che non porti all’ennesimo B&B.
Costantino è sornione, sorride sotto i baffi, a tratti apertamente, mentre mi indica qualche angolo o qualche scorcio e mi cede il passo per lasciarmi rapire da un’inquadratura, da un muro, da un gatto, da un tetto, da un grido.
Poi, quando per me sarebbe pomeriggio, mi scorta in trattoria, o in taverna, rimpiangendo piatti che non esistono più, e forse non sono mai esistiti ma avrebbero potuto, e mi esorta ad accontentarmi.
E arrivano antipasti insperati, pasta con le rape, carni grigliate a cui provvede condimento Costantino con  arguzie inaspettate, graffianti e sarcastiche, come nei suoi libri.
La sera, dopo una puntata a Irsina o a Montescaglioso, la cerimonia del convivio si ripete, a volte con Pacifica, moglie e compagna che gli fa vellutata eco, come qui a fianco, al ristorante "Le lucanerie".
Alla fine riparto, ma so che tornerò a Matera.

29 gennaio 2011

Matera e Bari

A Matera piove.
Ne approfitto per visitare il Museo Nazionale a palazzo Lanfranchi.
Ci trovo alcune cose pregevoli del 13° e 14° secolo sia dipinte sia scolpite in pietra calcarea e tavole e tele più recenti , che non amo particolarmente.
Alla Libreria dell’Arco trovo finalmente “Un greto di ciottoli” di Costantino Dilillo.
Costantino è un melanconico meridionalista, oltre ad essere uno scrittore creativo e pessimista.
Per necessità deve fare il direttore di banca come a me tocca fare il pediatra.
Lo trovo alla terza telefonata ed è impegnato inesorabilmente.
Sabato cercherò di liberarmi presto dal congresso e ci diamo appuntamento in trattoria.
Il ritorno a Bari, sotto il diluvio, si concilia con il mio stato d’animo.
Il congresso, tutto sommato, è divertente.
Fatta eccezione per i grossi nomi di Firenze, di Milano e di un entusiasta di Reggio Emilia, tutti gli altri mi sono sconosciuti.
Le relazioni si susseguono interessanti e avvincenti mentre osservo incuriosito il panorama, soprattutto femminile, trattandosi di ginecologia pediatrica.
Tutto sommato mi sembra un mondo un po’ chiuso su sé stesso,  scollegato dal resto della Pediatria, ma è così un po’ per tutte le nicchie culturali.
Arrivo a sera stremato. Niente cena e a letto presto;  per succedermi una cosa simile devo essere proprio esausto…

28 gennaio 2011

Bari e Matera

Ancora in viaggio. Questa volta la destinazione è Bari e non si parlerà di medicina d’urgenza ma di ecografia e ginecologia pediatrica.
Non sarò nel mio solito habitat e potrò forse rilassarmi fra colleghi che non mi conoscono.
Non sono troppo sereno, il pensiero è rimasto al reparto e al piccolo Andrea, che stiamo seguendo tanto affannosamente quanto disperatamente.
Solita partenza alle quattro del mattino; poi Malpensa; tempo nuvoloso sull'Italia; gli squarci fra le nuvole mostrano scorci innevati d’Appennino.
L’aeroporto di Bari è deserto, piccolo, silenzioso; lo ricordavo più vivace, ma forse è solo il riflesso della mia tristezza.
Noleggio una Panda e si mette a piovere; ho la mattina libera e gironzolo fino ad Altamura e poi all’affascinante Matera.
La città cresce e il suo traffico, forse esasperato dalla pioggia, è milanese, se non fosse per il modo di guidare sotto il 40° parallelo, dove il codice della strada assume sfumature machiavelliche.

23 gennaio 2011

Fiumicino

Il rombo di un aereo in partenza promette un orizzonte e invece è solo un altro viaggio verso situazioni identiche e uomini diversi. L’illusione dura l’intervallo fra un decollo e un atterraggio, con il solo conforto di un sonno a tratti su un sedile scomodo.
(Giorgio Faletti – Appunti di un venditore di donne - Pag 275)


Ed eccomi di nuovo su questo Airbus che mi ha portato tante volte avanti e indietro per quest’Italia.
A Fiumicino, l’aerostazione futuristica, nonostante fosse sabato c'era poca gente.
Qualche faccia da onorevole che rientrava in ritardo, qualche religioso con il collarino negligentemente allentato, come la cravatta dei cronisti americani nell’immaginario collettivo.
A tratti sfilavano comitive di orientali con le signore munite di mascherina, non si capisce se per non trasmettere l’aviaria o per non essere infettate dalla suina, o anche viceversa alla luce di usi e costumi correnti.
Mi addormento cullato dalle turbolenze, poi scendo nella fredda e frenetica Milano; un kebab con Cristiano, poi la povera SLK, ogni anno più vecchia ma sempre fedele, mi accompagna frusciando nel vento fino al mio Lago.

22 gennaio 2011

Ritorno a casa

Con la moderazione dell’ultima sessione si conclude il mio convegno nazionale della SIMEUP a Grosseto.
Cosa porto a casa – come è invalso l’uso di dire nei convegni  d’oltreoceano?
Per me non va così male; molte nuove conoscenze e almeno due nuove amicizie; tante idee e la rassicurazione, se ce ne fosse stato ancora bisogno, che i bastoni fra le ruote te li mette chi ti sta di fianco, non chi ti sta di fronte.
Comunque di lavoro da fare ce ne sarà molto e impegnativo; non ci sarà da annoiarsi.
Sul fronte del tempo libero mi sto convincendo ogni giorno di più della comodità degli e-book. Certo il libro tradizionale con le pagine nuove di stampa, profumate e fruscianti, ha un suo fascino duro a moprire.
Però la comodità di portarsi un’intera biblioteca in un sottile apparecchio che pesa cento grammi ed è più sottile di un centimetro  è altrettanto impagabile.
E ora sono qui su un comodo e pulito Eurostar che scivola nella campagna laziale verso Roma; l’altra faccia della medaglia dei treni luridi dell’andata è il prezzo, pari a un viaggio aereo da Milano a Bari andata e ritorno…
Le mie compagne di viaggio sono due giovani e graziose Rom con una bambina vivacissima ma almeno silenziosa, al contrario di mamma e zia, che parlano senza sosta nella loro lingua da almeno un’ora.
Anche sull’Eurostar la ferrovie non si smentiscono e sanno offrire solo un cesso lurido al posto di un dignitoso wc.
A Roma mi aspetta l’Airbus dell’Alitalia, dove a fare la pipì non si rischia il vomito e si spende di meno.
Qualche giorno di pausa, cioè di lavoro, poi si riparte per Bari.

21 gennaio 2011

Grosseto e Catania

 Anche se la Società Italiana di Medicina d’Urgenza ed Emergenza Pediatrica è giovane e dinamica questo convegno non di discosta molto dai classici convegni medici “nazionali”.
Alcune belle relazioni, alcune buone idee, indiscutibilmente, ma anche molti bisbigli di corridoio, abili incontri “casuali” e altrettanto abili diversioni per evitarne.
I relatori non sempre si confrontano e durante il pomeriggio capita di sentir declinare gli stessi concetti con l’accento di quattro differenti regioni italiane; sarebbe il paradiso dei filologi, se non toccasse parlare di pediatria d’urgenza.
Alla fine si arriva alla serata tanto attesa; sulle prime non ho alcun invito e mi si prospetta una serata al ristorante della fattoria, poi arriva il primo invito, visto che nel frattempo sono diventato uno dei moderatori; poi arriva Catania.
Raffaele, poi Francesco, poi Toni, poi Annette, poi gli altri, equanimi nel distribuirsi fra il Vittorio, il Cannizzaro e il Garibaldi, gli ospedali all’ombra dell’Etna, mi trascinano a Grosseto.
Mi strappano alla Lombardia e mi nominano Siciliano onorario fra brindisi goliardici.
La cosa divertente è che ci crede pure la moglie dell’oste che mi augura buon viaggio e mi fa notare che ho uno strano accento per essere un isolano.
Beh, per ora ho perso l’occasione di cambiare accento, magari si vedrà dopo qualche mese di ecografia all’ombra dell’Etna, come vorrebbe Raffaele.
La serata si conclude in allegria: questa sera non devo guidare…      

19 gennaio 2011

Roma e Grosseto

Nebbia a Linate; la pista è comparsa con le sue luci mentre l’aereo si posizionava, in perfetto orario, cosa insolita per Alitalia.
L’urlo dei turbofan mi distoglie dal giornale e l’accelerazione mi schiaccia contro lo schienale mentre l’Airbus si solleva.
Il mare di nebbia sotto cui si stende l’Idroscalo si alza sul finestrino e il Monte Rosa, all’orizzonte, sfila lentamente e passa dietro di me.
Sono di nuovo in viaggio.
Per mesi ho cercato di sconfiggere germi di solitudine cambiando invano latitudine, ora veleggio a rappresentare un centinaio di pediatri lombardi a un convegno nazionale.
Il tempo di leggere qualche stralcio delle prodezze amatorie del nostro Presidente del Consiglio e iniziamo la discesa su Roma. Dal mare di nubi spuntano lontane le montagne della Sardegna, coperte questa mattina di neve.
Poi l’Airbus si tuffa nelle nuvole e sotto compaiono i monti della Tolfa; poi l’aereo plana sui colli etruschi verso Fiumicino. 
Il Tirreno laziale, già poco invitante d’estate, si stende gelido e grigio a destra.
Da Fiumicino gironzolo fino a Termini su treni luridi e sobbalzanti per tirare l’ora di pranzo.
Abbiamo deciso di vederci, dopo due anni, con Maria Luisa, amica di libri e infermiera alla Centrale Operativa 118 del San Camillo.
Infatti ci troviamo a Villa Pamphili per uno spuntino abbondante (o un pranzo leggero?); ci raccontiamo gli ultimi libri e i nostri problemi.
Gli racconto del piccolo Andrea, che oggi va meno bene di ieri, e mi racconta di un bimbo Rom morto in culla.
Maria Luisa va a recuperare i figli a scuola e io riparto per Grosseto su un treno ancora più lurido, anzi è il treno più sporco della mia vita, ma arrivo finalmente a destinazione. Un taxi mi conduce in un agriturismo isolato dove da domani ci sarà il Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina d’Emergenza e Urgenza Pediatrica.
In mezzo alla Maremma potremo solo lavorare; il centro abitato più vicino mi dicono sia a sette chilometri.
Però questa sera c’è il direttivo nazionale e io sono libero.
Posso leggere, dedicarmi alla cucina toscana e poi ancora leggere! Il cellulare prende con difficoltà e ho strappato la spina del televisore.

13 gennaio 2011

Le ho mai raccontato del vento del Nord

More about Le ho mai raccontato del vento del nordPer un blog di un livello imbarazzante come il mio sono rimasto a lungo a pensare come iniziare il primo vero e proprio post dell’anno.
Ma ho deciso.
Questa storia d’amore è di gran lunga la più intrigante, attuale, coinvolgente ed erotica che mi sia capitato di leggere negli ultimi due/tre anni, ma forse anche di più.
Storia speciale per gente speciale, scritta con rara delicatezza in quest’epoca di sudiciume e sesso di contrabbando.
Peccato che vinca Lui; fino all’ultima pagina avevo fatto il tifo per Lei; ma forse ci avevo messo qualcosa di troppo personale per essere obiettivo.

03 gennaio 2011

2011



Oh certo che può sembrare inutile
una stazione a chi non parte mai,
ma i treni che davvero portan via,
non han fiori sui sedili,
ma da fuori non lo sai,
devi entrarci per sapere dove vai.

(Roberto Vecchioni)