06 giugno 2010

Viaggiare nella terra di mezzo

Finora ho viaggiato, e molto, appena possibile, sin dalla più tenera età. Questa è l’eredità più importante che ho ricevuto.
Fino ho viaggiato descrivendo quello che vedevo, e fotografando.
Ma ho sempre fotografato solo quello che mi piaceva o quello che detestavo: c’era un vizio di forma.
Ho deciso di cambiare e di provare a viaggiare descrivendo e fotografando quello che vedo; tutto.
E’ chiaro che non può essere così. Descrivere e fotografare significa comunque filtrare ed elaborare quanto ci circonda attraverso il bagaglio cognitivo, emotivo e di esperienza.
Però facciamo una prova.
Voglio provare a viaggiare in modo nuovo. Al di sotto del paesaggio che tutti vediamo superficialmente e, se possibile, all’interno di quello che ci sfugge.
Chi viaggia in automobile viaggia da punto a punto, da Milano a Bormio o da Monza a Courmayeur.
Sa va male viaggia in autostrada, attraversando il paesaggio dall’interno di un’auto, con l’aria condizionata, con la percezione fastidiosa ci qualche odore estraneo che supera i filtri del particolato.
Va un po’ meglio sulle strade statali; si possono aprire i finestrini e qualche paese si attraversa cioè non si passa da Via Carlo Cattaneo ai campi di sci direttamente.
Ma c’è anche chi viaggia in camper, portandosi appresso un pezzo di casa e precludendosi gran parte del contatto con flora, fauna e cemento.
Ho deciso che proverò e insisterò a viaggiare a piedi e in bicicletta, come cerco sempre più spesso di fare, per conoscere ancora la terra che attaverso, che muta incessantemente e che rischierebbe di rimanere un concetto platonico e lontano dalla realtà del viaggio.
Da dove cominciare?
Ma è chiaro, dalle porte della Valtellina, il viaggio che vedo fare ogni settimana dai Milanesi che sciamano verso Madesimo, Bormio, Aprica, e sfrecciano verso la strada statale dello Stelvio dopo essere usciti dalle gallerie interminabili della nuova statale 36 che li vomita assieme alle loro auto sulla spianata di Fuentes.
Alla metà del secolo scorso la vecchia 36 andava a imboccare la Valchiavenna al trivio di Fuentes, per tutti il Trivio.
Da quell’aiuola triangolare, illuminata di notte da lampioni ad arco, fra un caffè dalle linee audacemente razionaliste e un distributore di benzina Caltex, partiva la statale 38 o dello Stelvio.

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