13 febbraio 2019

Festadeglialberi


Non si sapeva quando cadesse e la data era più vaga di quella della Pasqua, che già era un bel mistero per quasi tutti.
In ogni caso la Festa degli Alberi era un diversivo piacevole, a condizione che non piovesse, ma non era quasi mai successo.
Oggi sarebbe l’occasione per un estemporaneo e prezioso contatto con la natura, ma allora vivevamo in mezzo ai prati e alle vigne e quasi tutti i nostri vicini avevano due o tre vacche, che chiamavamo mucche.
Lungo l'Adda
Presi da racconti patriottici, gloria di Roma e tabelline, non sapevamo distinguere un faggio da un platano ma conoscevamo le acacie in piazza della chiesa, che chiamavamo robinie.
Erano alberi vetusti e cariati; in un incavo del tronco della prima robinia, giusto sull’angolo del municipio, ci poteva entrare un bambino di quinta, a condizione che non avesse paura di ragni e ragnatele.
Poi c’erano le querce; non si sapeva come fossero le foglie, ma sapevamo che producevano le ghiande, di cui sarebbero stati ghiotti i maiali dei nostri libri di lettura.
In ogni caso le querce non crescevano nei nostri boschi e si vociferava che i maiali del paese mangiassero invece castagne.
Nelle selve appena sopra le case c’erano solo castagni, tanti castagni, piantati da generazioni di paesani spinti dalla fame.
Con queste conoscenze botaniche sommarie ci si avviava verso l’Adda, il nostro fiume, distante neppure un chilometro di strade sterrate, bianche e polverose. Si arrivava in qualche radura ancora libera dai boschi ripariali cresciuti dopo tante Feste degli Alberi dei due/tre decenni passati.
Una camionetta della Forestale stava poco distante, piena di giovani piante, saranno stati pioppi o faggi, ora  poco importa.
Strano che il cappellano non si fosse fatto vedere per benedire qualcosa o qualcuno.
Ogni anno ci si aspettava di partecipare allegramente alla piantumazione di questi giovani arbusti, invece no.
Ogni anno un paio di Guardie Forestali ci mostrava come si metteva a dimora una e una sola piantina in una piccola fossa già scavata e poi noi si riprendeva la strada del ritorno.
La stessa cosa di quando si celebrava la Festa della Liberazione, cui partecipavamo compunti ma di cui non si era studiata la Storia perché era troppo vicina per essere trattata in modo equilibrato.
La sosta a una delle tante fontane/abbeveratoi era l’occasione per dissetarsi e cercare di bagnare quanti più compagni attorno, ma la festa era irrimediabilmente finita.

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