08 agosto 2012

Il Battista faceva gli zoccoli

Il Battista faceva gli zoccoli, così come mia mamma faceva la maestra, mio padre pensava case, mia zia aveva la bottega e mia sorella non studiava.
Io sognavo in modo equanime di pilotare aeroplani e di scoprire il razionale nella differenza anatomica fra i due sessi.
In seguito mi ero illuso di costruire case e di fare l'ingegnere, ma ero anche stato il primo a non crederci seriamente.
Ma torniamo al Battista.
Grande, robusto, non sposato e immune dalle smancerie e debolezze di chi aveva diviso cuore e capanna, era un laico fiero, e sedicente anticlericale, ma forse era stato il primo a non crederci seriamente.
Laico però sì e sincero, e mio maestro di vita e di pensiero, visto mio padre lontano.
Faceva zoccoli sul serio, in due/tre locali in un rustico nel nostro cortile.
Questo rustico era stato atelier ed officina del mio tecnologico nonno che all'inizio del secolo si era fatto spedire dall'America una fotocamera a soffietto con otturatore pneumatico.
Dietro, nei locali più lontani e nascosti al cortile c'era stata una stalla, prima della seconda guerra.
Ma non era una cosa seria; il nonno ci si era adeguato perchè ogni famiglia usava in guisa autarchica tenere qualche bestia e pure uno scheletro di carro stava ancora sotto una tettoia malconcia.
Ma l'anima del nonno viveva nella fotocamera a lastre, nella forgia, nel banco da lavoro, nell'armadio delle pialle, e soprattutto nel torchio del copialettere, ignaro antesignano di ciclostile e scanner.
Dopo la scomparsa del nonno nel '36, non si sa come era arrivato nel dopoguerra il Battista con le sue macchine elettriche per produrre zoccoli.
Partiva da lontano, partiva dai tronchi di faggio che venivano scaricati irregolarmente nel cortile da un Tigrotto azzurro o da un Leoncino rosso.
Erano autocarri, “camion” nel lessico famigliare, di ex carrettieri che avevano saputo precorrere i tempi e si erano adeguati al trasporto su gomma, magari militando nella resistenza o voltando sapientemente gabbana negli anni canonici.
I tronchi di faggio, stagionati all'aperto, venivano segati, sagomati, sbozzati e infine sagomati in fiammanti zoccoli, che poi venivano laccati, rifiniti e decorati dalla Meneghina, arcigna mamma del Battista.
Poi il fratello del nostro, il Meneghin, al secolo Domenico,li avrebbe portati al mercato su un camioncino Fiat 1100 al sabato mattina.
Verdognolo, il camioncino, oggi si direbbe pick-up, era sopravvissuto alla guerra fra traversìe inenearrabili con carburanti improbabili e inaffidabili dalla cui convalescenza era guarito sommariamente, ma residuandone un catarroso fumo nerastro e un consumo d'olio inconfessabile.
Il Battista, attratto fatalmente da caccia e pesca, impegnato nell'amministrazione comunale fieramente all'opposizione, lavorava giusto il minimo indispensabile per vivere e per sopravvivere ai rimproveri materni.
Non si era sposato. Famoso e leggendario protagonista della resistenza in montagna aveva sviluppato un'idiosincrasia equamente distribuita fra i dogmi del cattolicesimo e quelli non meno manichei del PCI.
Così era approdato nelle file del PSI, da cui irrideva il parroco, ricambiato con la stessa moneta , e dando vita a una saga che ricordava don Camillo e Peppone, ma con toni più ironici e bonari, che non escludevano comunque colpi bassi all'occorrenza e nelle ricorrenze elettorali.
Da questo Battista ero stato adottato come nipote e ne avevo ricevuto un'educazione sentimentale che dura a tutt'oggi.
Se ho rinnegato le battute di caccia... alle allodole e il primo vino bevuto di nascosto in qualche cascina di amici, mi è rimasta la formazione etica e laica che mi guida ancora nel mio cercare quotidiano di essere medico.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Hallo Dr. Jekill, il tuo dialogo con Mr. Hyde mi piace molto. Potrebbe essere che la vita in Baviera non sia tanto male quanto molti bavaresi affermano? Comunque sia, la compagnia con dottor Jekill e con sua signora è sempre molto piacevole. Ciao, servus, Ulrich