19 settembre 2012

Airport 0 - Icaro

La prima volta rimane nella memoria stampata e con un'aura di magìa, anche se la memoria prende e lascia, dilata e restringe a seconda del caso e della necessità.
Il primo volo, segno del destino, è stato naturalmente per la Sicilia.
Era il 1981, mi avviavo ai trent'anni, avevo presentato da poco la tesi per la specializzazione in pediatria e mi occupavo di nefrologìa e dialisi pediatrica.
Ero già assistente ospedaliero in Clinica Pediatrica a Verona. Avevo già trascorso alcuni mesi al Gaslini di Genova e fatto qualche viaggio a Parigi, rigorosamente con il più economico allora treno, per imparare qualcosa anche all'Hopital des Enfants Malades di Rue de Sèvres.
E quell'estate c'era da accompagnare a Palermo Francesco, il primo bimbo in dialisi a Verona, che avrebbe trascorso qualche mese al suo paese, dopo l'affidamento a un centro di dialisi per adulti a Cefalù.
Io sarei rimasto ospite per una settimana della sua famiglia e avrei fatto ritorno a Verona a riprendere il lavoro.
Era appena nato il mio secondo figlio ma c'erano già i primi sinistri scricchiolii nel mio matrimonio.
Ero emozionato viaggiando verso Borgo Panigale, dove un Douglas DC9 dell'Alitalia, che già pesentava qualche segno di usura, ci avrebbe portato nell'isola del sole.
L'emozione non mi distoglieva dall'ostentare modi forzatamente disinvolti, per dissimulare l'impaccio del primo volo.
Certo le procedure erano molto più semplici e passare i varchi del check-in era poetico in confronto alle forche caudine dei nostri giorni.
Però i raggi X c'erano già e velavano poco o tanto le pellicole fotografiche del tempo. Le mie rimostranze mi avevano permesso di salvare dall'onta la fotocamera a Bologna, ma al ritorno da Palermo non ci sarebbe stata pietà.
E finalmente ero salito, emozionatissimo, sul bimotore battezzato con il nome che sarebbe divenuto sinistro qualche anno dopo di “Isola di Ustica” .
I motori Rolls Royce, non so se già turbofans o ancora turbogetti, ronfavano sornioni.
Poi l'ebbrezza del primo decollo mi aveva portato il cuore in gola, come qualche altra prima volta, mentre Bologna sfumava nella foschia di luglio.
Poco altro ricordo, il Trasimeno, l'Appennino, il Tirreno e finalmente, nella lentissima discesa, la terra riarsa dall'estate siciliana dell'Isola delle Femmine, poco prima di atterrare a Punta Raisi con l'incontrollabile terrore di finire in mare.
Poi l'aria, il caldo e l'odore inconfondibile di Sicilia, come profumo di donna.