03 settembre 2013

Appunti di viaggio - 2 settembre 2013


Galleggianti a Vigo
Oggi penultimo giorno. Domani si ritorna. Avevo pensato di andare sino a Finisterre, Fistera in gallego, per guardare l'ultima propaggine di terra verso l'Atlantico. 
Purtroppo la ferrovia non ci arriva, odio le corriere e poi alla fin fine c'è solo un gran bel faro.
Così ho deciso di arrivare fino a Vigo, poco lontano dal confine portoghese, grande porto, città industriale e d'arte.
I treni spagnoli sono abbastanza costosi, ma confortevoli e pulitissimi, niente a che vedere con i luridi convogli nostrani.

[La ricetta è molto semplice: biglietti un po' più cari e una guardia armata ad assistere il bigliettaio; qui la frontiera è vicina e conoscono bene i "portoghesi". Prima o poi ci dovremo arrivare anche noi.]

Vigo sulla carta prometterebbe bene, due chiese romaniche e un gran porto sull'Atlantico.
In realtà è una grande città e mi ci perdo facilmente per ben due volte. Quando ormai dispero di vedere altro che le case popolari dell'epoca del Caudillo finalmente spunta il bus n.11.
Qualsiasi destinazione è meglio della Comasina galiziana e invece un colpo di fortuna mi fa salire su quello che passa davanti al porto peschereccio.
Davanti all'ingresso un cartello e due agenti della Policia del Puerto vietano l'ingresso a ogni persona non autorizzata.
Tutti entrano ed entro a mia volta e mi trovo fra panciuti pescherecci d'altura, gabbiani e muletti che trasportano quintali di tonni sventrati.
Mi fermo a mangiare in una taverna frequentata da marinai e da altri ceffi dall'aria torva.
Arriva una cameriera graziosa, accigliata; chiedo dei calamari. Dice che non ne ha e se ne va; poco dopo arriva una cameriera bruttina ma sorridente.
Ripeto la domanda e mi arriva un piatto smisurato di calamari stufati con cipolla e riso bollito.
Come il primo giorno rimango dell'opinione che mi sfugga sempre qualcosa, comunque abbozzo e mi tolgo la fame degli ultimi tre giorni.
Pazienza, per le chiese romaniche ci sarà un'altra occasione.
Riprendo il mio bus che a Vigo costa € 1.24, invece a La Coruna € 1.27, con stoico divertimento degli autisti che dispensano anche biglietti e informazioni, però rifiutano di  cambiare banconote superiori a 5 euro; evidentemente l'influsso bizantino è arrivato alle colonne d'Ercole.
Non vorrei cenare, ma verso le 22 non so resistere al richiamo del pulpo alla gallega. Cambio ancora taverna, ma il polpo sublime è rimasto a Sigüeiro assieme ai miei amici bretoni.
Comincio a pensare che domani tornerò in Italia. Troverò e rivedrò i miei familiari, i miei amici, il mio lavoro, le mie tasse da pagare, i treni fetidi e le cartacce per terra.

[Di certo ha già cominciato a mancarmi La Coruna, la calle de Estrella con le sue taverne e la voglia di 'tutte le porcate mangiate in strada nelle ore sbagliate' - come Fabrizio De Andrè fa dire al suonatore Jones nell' album 'Non al denaro, non all'amore nè al cielo']





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