09 giugno 2013

Scansioni della memoria - 1


Mi avvio alla fine, almeno della vita professionale.
Dopo aver fatto il medico per più di 35 anni dentro si ha un bagaglio di esperienze, di aneddoti, di racconti che forse vale la pena di salvare, almeno su un blog.
Inizio questa storia su un volo che mi porta a Catania, come succede da due anni. Sto bene in aereoplano, sono a mio agio; rimpiango il mio sogno di fare il pilota, naufragato e catalogato come un capriccio infantile.
Ma erano tempi in cui i bambini non si prendevano sul serio e sogni e sentimenti suscitavano sorrisi compiaciuti, compiacenti o di compassione.  
Ma partiamo da lontano.
Come è cominciata? Quando ho deciso di fare il medico? Che cosa ci porta a questa scelta?
Fabrizio De Andrè, rileggendo l'antologia di Spoon River, fa dire al suo personaggio che ha deciso di fare il medico perché i ciliegi tornassero in fiore, poco prima di scoprire che "fare il dottore è soltanto un mestiere."
No, tutto più semplice.
Gli anni del liceo erano stati un incubo, fatta eccezione per un insegnante di lettere mitico e un'insegnante di francese in anticipo di vent'anni sui tempi .
All'inizio del quinto lugubre anno di questo triste e polveroso liceo di provincia avevo deciso di fare il medico perché mi ero reso conto che non sarei mai stato in grado di diventare il fisico o l’ ingegnere che ci si aspettava da me.
Anni dopo, ma tanti, quasi trent'anni, dopo, avrei rimpianto di non aver fatto l'architetto, ma allora non mi era mai neppure passato per la testa.
Gli anni del liceo sono stati un un incubo durato a lungo. Fino a quarant'anni il mio sogno terribile e ricorrente ricorrente nelle notti di digestione difficoltosa è stato il ritorno al liceo.
Forse la prima volta che ricordo di essermi motivato a diventare medico è stato davanti al corpo di una ragazza morta non ricordo se per un incidente o una malattia sconosciuta.
Non la conoscevo ed ero finito in quella casa per accompagnare qualche amico, spinto un po' da pietà, un po' da morbosa curiosità.
È così mi sono deciso. Con il mio papà ho intrapreso un viaggio a Bologna, a Modena, poi a Parma, alla ricerca di un'università in cui il sacro fuoco del '68 non divampasse incontrollabile.
Si è poi deciso per Parma.
Prima di partire, dopo aver trovato una camera in affitto in periferia, mi sono dedicato per un mese con passione al primo lavoro retribuito della mia vita: il rilevatore di censimento della popolazione in Valsassina, nel comune di Cremeno.
Sul treno per Parma avevo incontrato Leandro; ci conoscevamo dalla prima liceo, di cui aveva buoni ricordi, al contrario di me.
Poi avremmo incontrato Alberto e poi Luigi, quest’ultimo già al secondo anno, ma non sarebbe diventato medico..

Dall’ oblò sfilano La Spezia, Bocca di Magra, Monte Marcello, prima avevamo sorvolato Novara fra le sue risaie e forse, lontana, Vercelli; ora la Alpi Apuane, ferite.

I primi mesi erano trascorsi fra lezioni noiose, la scoperta della città, dei caffè, della mensa universitaria, l’incontro di nuovi amici; scoprivo che si poteva vivere bene anche lontano dalla Valle.
Un grande soddisfazione era cenare con pasta al pomodoro sfatando il mito famigliare della minestra di verdure alla sera, che fa sempre bene.

Sfilano l’Elba, la Corsica è all’orizzonte con le montagne innevate, la laguna di Orbetello, Montecristo e il Giglio ferito dalla balena bianca che si indovina davanti al porto; ma che laghetto vulcanico c’è dietro Orbetello?

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