09 giugno 2013

Scansioni della memoria - 2



Un suicida. Uomo o donna non saprò. Si era buttato dal quarto piano della Clinica Medica e stava sotto un lenzuolo insanguinato vicino a un aiuola fiorita dentro l’Ospedale di Parma.
E’ stato il mio primo incontro a tu per tu con la morte, con la depressione. Il primo di altri incontri, tanti.
Qualche mattina ci spingevamo sino alle aule di Anatomia Patologica, sotto le quali si officiava ogni mattino presto il rito dell’autopsia.

Anguillara Sabazia, lago di Bracciano? Sul blu cobalto del lago si staglia veloce la sagoma di un altro aeroplano che corre a occidente, sotto di noi.

Assistere alle autopsie non ci serviva a nulla, ancora all’inizio dello studio dell’anatomia umana normale, questa sì affascinante; e l’Università era come la immaginavo.
L’aula a emiciclo, i banchi di legno concentrici, il bidello sornione, il Professor Ottavini che a volte assisteva compiaciuto alla lezioni dei suoi assistenti, a volte celebrava in prima persona.
L’assistente più giovane, capello lungo alla paggetto, sguardo ispirato, conscio del suo fascino sul pubblico delle studentesse reduci dalla recente conquista della minigonna, era il prediletto e il professore non lo nascondeva.
Alla fine della sua lezione c’era l’abbraccio accademico.
Passeranno anni prima di rivedere questo abbraccio.
E questa volta sarà per me, ma non più giovane, e verrà con qualche applauso; quello più frequente.
Ma il rito dell’autopsia ci serviva ad esorcizzare la morte, a sentirci più uomini, come la prima sigaretta e il primo vino. Poi, molto dopo, sarebbe venuto l’interesse per l’anatomia.
L’assistente che sezionava, il più simpatico e ammirato, era nero. Muoveva i coltelli con mano sicura  e spiegava agli studenti del quinto anno.

Sotto di noi le isole destinate un tempo al confino dei “politici”, Ponza, Ventotene e ora paradiso per ricchi turisti o ricchi Romani

Lo guardavamo con riverenza e ammirazione l’assistente negro. Non sappevamo ancora che “negro” fosse un insulto, e forse non lo era ancora diventato, in ogni caso non per noi.
Nelle osterie alla sera abbiamo scoperto il lambrusco, che vicariava le ragazze.
Non è che stessimo diventando etilisti, ma non avevamo l’automobile e alla sera non si poteva portare una ragazza a fare un giro sul filobus, non avrebbe funzionato..
E allora ci rimanevano le partite a scopone, i pensionati e il lambrusco.
Per la verità Alberto, che adesso è un anestesista e se la tira, si era trasferito a Parma al seguito del padre separato e ogni tanto aveva a disposizione un’automobile.
Era un’Autobianchi Primula, versione lussuosa della penultima millecento della Fiat. Aveva già il cambio a cloche e le finiture interne sembravano quelle delle macchine francesi, ma non erano quelle delle prime Audi del  mio papà.
Con questa automobile avremmo potuto corteggiare qualche compagna o provarci con qualche liceale degli ultimi anni su cui il fascino dell’universitario sembrava tangibile.
Invece con la Primula ogni tanto alla sera andavamo a fare un giro per vedere le puttane da vicino.
Stavano in Via dei Marcati e apparentemente non erano circondate dai loschi figuri che si aggiravano attorno ai fuochi dei copertoni sulla Valassina (nome locale della superstrada Milano-Lecco).
Quando ci vedevano le prostitute capivano di essere davanti a studenti e che con noi non ci sarebbe stata storia; e infatti non ci degnavano di uno sguardo.
Una sera preso il coraggio a due mani, abbiamo abbassato il finestrino e abbordiato quella che sembra meno sostenuta.
Aveva una quarantina d’anni e un gran bisogno di quattrini. Trattava sul prezzo e ci offriva pretazioni che sentite dalla bocca di una donna ci facevano arrossire.
Scappammo ridendo e finimmo con l’Autobianchi Primula contro una recinzione di rete metallica.
Ce l’eravamo meritata, gratuitamentte scortesi e crudeli, ma non ce ne siamo resi conto.
La bravata tornerà spesso alla mia memoria e me vergogno qui e ora, senza più la possibilità di scusarmi.

La costa siciliana compare a destra, l’isola che si vede al largo è Alicudi; di solito cerco un posto sull’altro lato della fusoliera e assaporo l’alba sulle Eolie in tante stagioni; ora stiamo virando su Milazzo. Fra qualche minuto sarò a terra, nella terra del mio ultimo sogno impossibile.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bellissimi racconti.... la prego continui.
Romina