11 giugno 2013

Scansioni della memoria - 3



I primi due anni d’università sono stati i più spensierati della mia vita!
Io e Leandro, il sodalizio era fatto, godevamo di una libertà sconfinata, senza i mezzi per fare sciocchezze e con una solida educazione piccolo-borghese che ci evitava di metterci nei guai.
Vivevamo in una pensioncina di Via della Repubblica nell’Oltretorrente, terra di sinistra dura, di comunisti che evocavano la Resistenza e di studenti che giocavano a fare la rivoluzione.
Tutti ricordavano quando era stato disselciato il Ponte di Mezo per organizzare una fitta sassaiola con i nazisti.
Noi ci limitavamo a una tiepida adesione agli ideali soprattutto per non correre il rischio di passare per “fascisti”.
E il rischio era molto facile; bastava non alzare il bicchiere a un canto di Ivan Della Mea, un impermeabile bianco al posto dell’eskimo e il gioco era fatto.
Io l’eskimo non l’avevo e non mi piaceva.
Per non passare da fascista ho preso un freddo del diavolo durante i due inverni passati fra la nebbia dell’Oltretorrente ma il loden lo lasciavo a casa spesso; in compenso non ho mai preso botte.
La due fazioni, spalleggiate dai Greci che cambiavano spesso campo, se le davano di santa ragione, o almeno ci tentavano dalle due sponde del torrente.
Di qua quelli del Movimento Studentesco con l’eskimo e le Gaouloises; dall’altra parte i benpensanti che volevano far la vasca in Via Mazzini con le Marlboro.
Io e Leandro non avevamo l’eskimo per sperare nella benevolenza delle scarmigliate donne d’Oltretorrente nè l’automobile per vedere da vicino le minigonne in passerella in Via Mazzini.
Di qua patchouli intrigante, di là Allure de Chanel.
Sotto si fantasticava il paradiso ma noi si andava in bianco e si ripiegava su Francesco Guccini, bar e osterie sino a tarda notte.
E vero che c’era l’Università, ma ci si andava svogliatamente e poi gli esami di Medicina, diciamoci la verità, non sono mai stati difficilotti.

La Doblò scivola sull’A1, al tempo dell’Università si chiamava Autostrada del Sole, verso un convegno all’Isola d’Elba.
L’itinerario più conveniente lambisce Parma, la sua Fiera, i suoi insediamenti industriali che si spingno tentacolari verso l’Appennino. Di là non c’è la Toscana come raccontava Guccini, ma l’ultimo mare ligure.

Nella pensioncina c’erano anche bravi ragazzi, uno soprattutto. Veniva da Udine e frequentava solo e diligentemente le lezioni in Policlinico.
Aveva anche due amici bestemiatori convinti, anche se meno studiosi.
Nessuno è diventato medico; molti anni dopo due di questi, che ancora ci provavano, mi avrebbero riconosciuto al Policinico di Verona, studenti fuori corso a vita e io per pudore avrei nascosto la targhetta che mi qualificava come Assistente.
Nella pensioncina c’erano due amici d’Alessandria.
Uno tentava di fare il sessantottino in jeans ed eskimo firmati, studente perso di medicina.
L’altro, Francesco, studiava svogliatamente ingegneria ma sarebbe diventato un giornalista di discreta fama trent’anni dopo.

La Doblò sbuca dalla galleria di valico e si fa condurre sorniona lungo la discesa della Cisa attraversando la Lunigiana da cui venivano tante studentesse di “magistero”.

Ma fu Francesco a farci conoscere Teresa, le sue compagne e la sua storia.

(3 - continua)

1 commento:

Anonimo ha detto...

e poi......?????