02 agosto 2013

Syros


Il faro di Kea

Ci si può arrivare dall'aria, dopo aver preso terra a sud di Hermoupolis, il capoluogo, sbarcando dal biturobelica dell'Olympic, oppure dal mare.
Noi si è salpati all'alba dal Pireo su un traghetto ceruleo dall'omerico e pelagico nome di Delos.
Presto il Melthemi, il vento del nord ha suggerito ai passeggeri di riparare nei saloni condizionati, davanti al bancone del bar dove camerieri trafelati distribuiscono senza sosta acqua gelida e beveroni di caffè o cappuccino ghiacciati.

[A differenza di altre plaghe turistiche l'acqua costa cinquanta centesimi dovunque, nei distributori, sulla nave e nei bar sul lungo mare. E pensare che sulle rive del Lario si può arrivare a due euro per la bottiglietta, al litro insomma più del doppio di un generoso Barbera nell'Oltrepò Pavese.]

E così quasi tutti si sono persi il faro dell'isola di Kea, doppiato da poche decine di metri fendendo un Egeo blu notte.
E dopo Kea appare Syros alla prua, che spunta dalla foschia.
L'arrivo è suggestivo. Prima si costeggiano piccole insenature rocciose e deserte a cui scendono dalle colline sino al mare muretti a secco a separare prati magri e sassosi, poi compare Hermoupolis, il capoluogo dai due colli.
In cima a ciascuno stanno le due chiese, quella cattolica e quella ortodossa.
Un cantiere navale sproporzionato inganna sulla reali dimensioni dell'isola e ricorda anni di splendore marinaro che non torneranno.
Hermoupolis e i due colli
Gli alberghi più importanti stanno sul porto e dalla finestre si assiste allo sbarco dai traghetti che attraccano e salpano per Naxos, Myconos e Tinos, l'isola del grande santuario ortodosso dietro al quale sorge il sole estivo.
Non ci sono Italiani sul lungomare, qualcuno guarda incuriosito dai ponti dei traghetti che fanno tappa prima di ripartire per Mykonos.
I vicoli dietro al porto, come negli altri capoluoghi cicladici, imbiancati di un bianco accecante, ospitano trattorie, ristoranti più pretenziosi e negozi di paccottiglia multicolore, ma tutto è meno caotico rispetto a Mykonos e Thira.
Il ristorante Arkontariki, trovato su Trip-Advisor non tradisce.

[La guida Routard mi serve giusto di riferimento. Racconta di un porto che sarebbe il più trafficato delle Cicladi, mentre i traghetti che vanno e vengono sono solo tre o quattro al giorno. Forse hanno fatto confusione con Paros; nel dubbio decido di nn fidarmi dei loro suggerimenti gastronomici e non  me ne pento.]

Il noleggio di un "quad" si rivela  indaginoso e alla fine rimedio solo un rugginoso trabiccolo di cilindrata ridicola, che costa una miseria e con cui comunque riesco ad arrancare quasi dappertutto.
Per i ristoranti e sul lungomare incontro suonatori di strada e mendicanti. Non ci vuole molto a capire che sono solo tre o quattro e che ritornano ciclicamente, a pranzo e a cena, girando tutte le taverne del circondario.
Una famigliola, padre, figlio e zio, suona veramente bene però appena gli si allunga qualche moneta se ne va.
Il nord dell'isola, desertico
La sera successiva li lascio suonare a lungo, poi cedo, gli metto in mano un euro e immediatamente se ne vanno verso il ristorante vicino, però abbiamo ascoltato della bella musica popolare.
A sud dell'isola, riparate dal Melthemi, stanno le spiagge più frequentate, che evitiamo accuratamente. Il nord, battuto dal vento, è abitato solo da pastori e agricoltori che si dedicano a magri vigneti.

[L'unica taverna dell'entroterra, naturalmente segnalata dalla guida Routard, è desolatamente chiusa.]

In compenso troviamo una spiaggia poco frequentata sulla costa occidentale, Delfini, sovrastata da una taverna ventilata e deliziosa nella sua spartanità.
Dopo tre giorni si parte, la prossima tappa è Paros.

Nessun commento: