05 agosto 2011

D E A

Si tratta dell’acronimo di Dipartimento di Emergenza e Accettazione. E’ il nuovo nome del Pronto Soccorso negli ospedali evoluti o in evoluzione; un po’ come chiamare diversamente vedenti gli astigmatici.
Il popolo del DEA è sempre lo stesso dall’una e dall’altra parte della barricata.
Uniti dallo stesso destino, dall’unica Entità che non sarà mai diversamente vedente, immune da miopia, astigmatismo, cheratocono e presbiopia: la Sfiga.
Medici in cerca d’identità, popolo di fifoni e idealisti del terrore pescato su internet si incontrano nel Dipartimento di Emergenza e Accettazione, inconsapevoli esegeti del DEA.
Tre sono le fasce orarie in cui il terrore corre nelle arterie e ritorna rapido dalle vene superando attoniti e laboriosi eritrociti.
La prima fascia segue le effemeridi. Quando arriva l’ora del crepuscolo, fra il lusco e il brusco, anche le febbricole si trasformano in maligne iperpiressie nella mente sconvolta dei genitori che corrono verso il Pronto Soccorso, e pace se poi arrivano al DEA, in ogni caso un pediatra pietoso, incazzato o sornione si prenderà cura del pargolo.
Le seconda fascia oraria corre attorno alla mezzanotte, ora in cui terminano anche i programmi televisivi in seconda serata e i genitori scoprono con raccapriccio che il bacio della buona notte si è stampato su fronti roventi di febbricola.
La corsa al Pronto Soccorso è frenetica, spesso lubrificata, accelerata e corroborata dal complesso di colpa di aver trascurato il frutto del concepimento a scapito di Ballarò.
Poi in Pronto Soccorso trovano magari alcuni feriti di un incidente stradale e il panico dell’attesa si trasforma in rancore sordo per la malasorte, trasformata in malasanità eclatante.
Altro che chiamarlo DEA, questo è un casino dove mancano i medici, e quelli che ci sono lavorano con noncuranza sui feriti di un incidente stradale facendo attendere ore e ore una faringodinia, un mal di gola e un’orticaria.
La terza fascia è quella delle tre di notte.
Il ritmo circadiano degli ormoni raggiunge il minimo e la notte appare senza fine, l’alba un traguardo remoto in attesa della quale il pianto del lattante affamato si trasforma in colica addominale, in reflusso gastro-esofageo, in addome acuto da peritonite imminente, in pielonefrite acuta, in ferita d’arma da fuoco (di Sant’Antonio).
E il Dipartimento di Emergenza e Accettazione tutto ingoia, tutto assimila, tutto accoglie nel suo grembo, tutto si stringe al seno, chiamando gli specialisti attraverso l’etere dei cellulari, dei cercapersone, dei cicalini.
E così mi tocca venire in ospedale.
Questa sera abbiamo avuto in seconda fascia, quella della mezzanotte, un bimbo caduto dal divano, un ombelico neonatale arrossato e un’adolescente con il mal di gola, ma senza febbre.
Il buon senso, almeno quello, è rimasto a casa, così come, per fortuna, il rianimatore reperibile.
Ma la notte è giovane, carusi.

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