20 luglio 2012

Le mucche – 2


I casari erano gente rude. Dormivano poche ore perchè verso le tre di notte iniziavano la scrematura, donde il burro, e la caseificazione, donde il formaggio “di latteria”, da non confondere con quello, molto più pregiato “d'alpe”.
Qualche casaro durante il lavoro aveva il vizio di cantare, con grande disappunto di chi abitava vicino alla latteria.
Erano tempi in cui i rumori erano considerati molesti.
Molesti al punto che un vicino irascibile, il Giuanin, una notte era uscito inferocito con il fucile da caccia e aveva sparato contro la finestra della latteria.
Era stato uno sparo dimostrativo, da distanza ragionata e la gragnuola di pallini aveva solo crepitato sui vetri.
Ma era stata una prova di forza convincente e il casaro si era rassegnato a caseificare in sostanziale silenzio per tutto l'inverno.
Ma il giorno si allungava. Da aprile a maggio dopo il crepuscolo si respirava un'aria di erba fresca, di campagna al risveglio, che giungeva a compimento nel mese dedicato alla Madonna e alle sue devozioni, cui eravamo sensibili almeno quanto le coetanee, anche se poi si restava fuori dalla chiesa ad evitare l'affollamento e si preferiva la successiva, reiterata, proterva, indaginosa e laboriosa ricerca dell'itinerario più lungo per tornare a casa, anche questa cosa nota e tollerata con malcelata benevolenza.
Ma proprio alla fine del mese di maggio si chiudevano inesorabilmente sia le devozioni mariane sia la latteria turnaria.
I solstizio d'estate ci trovava alla ricerca spasmodica di un buon motivo per restare in giro “per strada” dopo cena, alla ricerca di frettolose quanto caste effusioni con le morigerate adolescenti del tempo.
C'era chi prediligeva prati e chi boschetti ripariali. Personalmente amavo le case in costruzione, meno romantiche ma sempre asciutte anche col maltempo e per nulla frequentate.
Ma torniamo alle nostre mucche e alla chiusura delle latterie.
Le vacche salivano in alpeggio, almeno quelle che non avevano già asceso i maggenghi.
Il concerto dei campanacci arrivava improvviso in ora antelucana.
Il contrappunto erano le grida dei pastori, molti improvvisati, che spingevano a fatica le bestie verso i sentieri.
Oggi percorriamo mulattiere e sentieri senza sentimento se non quello dell'inventarci un trekking da una valle all'altra.
Non sono la stessa cosa.
La mulattiera era un sentiero per muli, bestie da soma, dove la pendenza doveva essere costante, con spazi per i mulattieri e fondo lastricato a piccola pietra, adatto a bestie ferrate.
Il sentiero per l'alpeggio era spesso sterrato per bestie senza ferri, desuete alla salita, e quindi con necessari tratti pianeggianti e punti d'abbeverata frequenti.
Sbagliare strada voleva dire problemi inenarrabili con bestie d'altri; mucche che prendevano l'abbrivio, scivolando e precipitando dove capitava.
Niente da dire, le mucche segnavano le nostre stagioni.

1 commento:

Anonimo ha detto...

il mio caro papà,(casaro DOC!) cantava SEMPRE!!! Mi sembra ancora di sentirlo quando mi aggiro per le sue stalle.

E nella stalla in un angolo c'era sempre il mucchio di foglie che lui usava per fare il "letto" alle mucche, dove, bambina , adoravo sprofondarmi mentre gli facevo compagnia durante la mungitura...