21 marzo 2020

Ma siamo in guerra (cronache dalla trincea - 4)

Algarve, Portugal - mattino a Praia da Luz

Stiamo vivendo un’emergenza, la prima che ci tocchi da vicino dopo la fine dell’ultima guerra.
Ora capisco sempre più il mio papà che parlava di questa sua guerra, che gli aveva tolto gli anni più belli della vita, dai venticinque ai trenta e non gli aveva consentito di proseguire gli studi all’università, anzi, non l’aveva neppure potuta iniziare.
Gli anni della guerra li ho sempre visti tristi e grigi, invece anche allora ci saranno state giornate radiose come questa prima di primavera e ci è consentito respirare solo dai davanzali e dai terrazzi.
Anche adesso combattiamo una guerra silenziosa.
Da prima che spunti il solo sono attaccato al pc, davanti a uno schermo che mi tiene in contatto con colleghi lontani e con quelli in prima linea. Poi andrò in ospedale.
La mattinata trascorre lentamente, scrivendo, progettando e sperando; perché ci sarà un domani.
A volte vengo assalito dalla rabbia, sì, rabbia per chi anche di questi tempi continua a credere, scrivere e diffondere storie di complotti e fake news.
Arrivano per sms, per e-mail, allarmi, proclami e interviste.
Le caratteristiche sono le stesse, un italiano approssimativo, infarcito di idiozie che purtroppo molti non hanno gli strumenti per distinguere, discernere, leggere con serenità.
L’ultima notizia, arrivata questa mattina per sms, mi raccomandava di non usare l’ibuprofene, un antinfiammatorio; nei giorni scorsi qualcuno raccomandava di usare alte dosi di vitamina C; da tempo gira la bufala che il virus sia “artificiale” e scappato di mano a scienziati che preparavano la guerra biologica.
Basta leggere fra le righe e ragionare per capire che si tratta di idiozie, ma mi domando chi e perché senta il bisogno di diffondere queste fake news. La risposta è semplice: perché c’è chi le prende sul serio.
Frustrazione? Ignoranza? Invidia? Odio?
Di tutto un po’, un cocktail micidiale; ma siamo in guerra.

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